Un Natale televisivo
Anna Ciampolini Foschi*
(The English version follows
below)
Agli inizi degli anni ’80, la comunità italiana di Vancouver costituiva
ancora il terzo gruppo in ordine di grandezza numerica fra tutte le comunità etniche presenti ed era considerato
uno dei più caratteristici, vivaci e attivi in iniziative quasi rivoluzionarie
per lo stile di vita un poco sonnolento di quegli anni. Molte tradizioni e
capacità professionali e artigianali che gli immigrati italiani avevano portato
con sè avevano cambiato il volto e lo stile di vita di Vancouver, una città di
spettacolare bellezza naturale che sembrava destinata dalla sua remota
collocazione geografica a restare relegata in un ruolo secondario rispetto alle
metropoli del Canada centrale e orientale. La moda italiana, e l’abitudine che
si era subito diffusa di godersi caffè e cappuccino seduti ai tavolini come se
gli avventori fossero in una vera “piazza” di una cittadina italiana avevano
creato un tipo di cultura urbana ispirato a disinvolti modelli di
socializzazione. Il concetto di “Piazza” aveva influenzato anche architetti e
pianificatori urbani che avevano imparato a usare marmo e cemento nella
costruzione di edifici di prestigio, al posto dei materiali usati normalmente
nell’edilizia canadese, cioè legname e gyproc.
Ma la comunità italiana era ancora considerata “differente” ed “esotica”: gli abitanti di
Vancouver, all’epoca ancora in maggioranza di origine anglosassone o
nord-europea, erano incuriositi, affascinati e un poco diffidenti nei confronti
degli italo-canadesi e anche di certi avvenimenti comunitari italiani come il
Carnevale o le tradizioni natalizie, di cui a volte anche i giornali cittadini
parlavano ma di cui in realtà tutti sapevano molto poco. Infatti, un giorno di
dicembre nel 1984, ricevetti una telefonata da parte della stazione televisiva
locale CKVU. In quegli anni, lavoravo come Direttore degli Affari Culturali al
Centro Culturale Italiano di Vancouver e il produttore televisivo mi chiese se potevo
mandargli qualcuno, un paio di persone al massimo, per parlare in diretta delle
tradizioni natalizie italiane al Vancouver
Show, una trasmissione serale di successo prodotta dalla CKVU e condotta da
Laurier LaPierre, un noto presentatore e giornalista televisivo che in seguito
divenne Senatore e autore di numerosi libri. La trasmissione era destinata ad
andare in onda in diretta quella sera stessa e gli ospiti d’onore dovevano
trovarsi agli studi televisivi CKVU alle sette di sera precise: non c’era tanto
margine di tempo per mettere insieme una squadra che potesse far fare bella
figura a tutti gli italo-canadesi di Vancouver, considerato quanto sia
importante per noi italiani fare bella figura e considerato che per un
italo-canadese la bella figura era doppiamente obbligatoria per una questione
di orgoglio e prestigio comunitario. La Presidentessa del Centro, informata
della grave situazione, fu d’accordo nel considerare assolutamente necessario
fare ogni sforzo allo scopo di ottenere la massima bella figura possibile e
che, con quel minimo preavviso che ci era stato concesso,tutto era lecito allo
scopo di invitare le persone di spicco che potevano aiutarci nello scopo e che,
di regola, erano sempre impegnatissime. Dopo una grandinata di telefonate ansiose
arricchite da suppliche, esortazioni e adulazioni, riuscii a reclutare un
gruppo di circa 10 persone che rappresentavano il meglio di quanto la nostra
comunità aveva da offrire e che si impegnarono a mettere in risalto tutti gli
importanti contributi che gli italo
canadesi avevano dato e davano al Canada. La squadra di esperti comprendeva una
professoressa universitaria considerata una autorità nello studio delle opera
di Dante Alighieri, la quale acconsentí a sviluppare il tema dei riferimenti e
dei significati mistici della Natività nella Divina Commedia, un celebre
architetto che avrebbe disquisito sui capolavori del Rinascimento ispirati al
Natale, e inoltre avvocati, poeti, artisti, imprenditori di fama e la stessa
Presidente del Centro Italiano, un insieme di veri e propri luminari nei vari
campi che spaziavano dalla cultura al commercio, e che garantivano il successo
della nostra presentazione. Un piccolo dubbio però mi si era insinuato nella
mente, il sospetto che alla fine la nostra esibizione sarebbe risultata un
tantino indigesta per una trasmissione televisiva di carattere leggero e
destinata al grande pubblico: ci voleva una nota un poco più allegra, un poco
più consona ad una festa che tradizionalmente affascina i bambini e gradita a
un publico che vuole distrarsi la sera a casa. Considerato che le ore passavano
inesorabili, quale migliore soluzione che costringere mia figlia, una bambina
di dieci anni, molto timida e taciturna, a partecipare nonostante le sue
proteste e la sua paura di far fare una brutta
figura a tutti se non avesse saputo rispondere alle domande di LaPierre
se mai il presentatore si fosse rivolto a lei?
Quella sera faceva un tempo da lupi, fiocchi di neve volteggiavano nel
cielo e con la bimba stavamo rapidamente congelandosi mentre ero alla guida
della mia vecchia Chevrolet il cui sistema di riscaldamente puntualmente
smetteva di funzionare nel momento di maggior bisogno. Finalmente, intirizzite,
arrivammo al palazzo della CKVU, dove l’assistente di produzione ci accompagnò
nello studio dove si effettuavano le riprese televisive. Quando il nostro
gruppetto marciò nella stanza, Laurier LaPierre, un uomo sui cinquant’anni,
elegante e ben curato, che si aspettava di incontrare una o due persone al
massimo, perse per un momento la sua compostezza ed esclamò: “Sembra che
stasera sia arrivata qui l’intera comunità italiana!”
LaPierre ci fece cenno di prendere posto sui sedili a gradini dello
studio e dette l’avvio ai tecnici: si
dette inizio allo spettacolo, le telecamere entrarono in azione e la nostra
piccola pattuglia si fece tesa e attenta
preparandosi alla possente, erudita dissertazione che avevamo concertato. Era
arrivato il grande momento: LaPierre si avvicinò, esaminò con lo sguardo i
nostri esperti tutti rivestiti a festa, poi puntò direttamente sulla bambina e
le chiese: “Come ti chiami?” La bimba, terrorizzata, rispose: “Francesca! mi
chiamo Francesca!”
LaPierre continuò: “Benissimo, e dimmi: sai per caso qualche bella canzone
natalizia italiana? Dimmi quale canzone ti piace di più.”
La bimba si guardò attorno con l’aria di un cucciolo che sta per annegare,
poi d’un tratto riprese coraggio e rispose con un sorriso:
“Sí, le conosco. La mia preferita è: “Tu scendi dalle stelle/ Thou art coming from the stars”.
“ Senti, me la canteresti? Vuoi cantarla per me?”
La piccola, che aveva ripreso coraggio e cominciava a stare al gioco,
intonò le prime note della cantilena natalizia. LaPierre si rivolse al resto
del gruppo con tono abbastanza imperioso:
“OK, potete cantare per noi, tutti in coro?”
La professoressa, la Presidentessa, l’architetto, i medici e gli avvocati,
i poeti, gli imprenditori e gli scultori, tutti per un attimo si scambiarono
un’ occhiata perplessa, poi, obbedienti, tutti noi aprimmo la bocca e le nostre
voci si levarono prima esitanti poi con passione canora nelle note familiari di
“Tu scendi dalle stelle”, anche se il nostro coretto risultò francamente un pò
sgangherato.
“E vieni in una stalla al freddo e al
gelo…” e su queste dolci note che riecheggiavano il sapore della nostra
lontana infanzia, lo spettacolo televisivo imperniato sulla comunità italiana
giunse rapidamente alla conclusione.
Oggi, dopo che un quarto di secolo è già trascorso, mentre Vancouver, che ora
vanta una delle più numerose comunità asiatiche del Nordamerica e si prepara ad
ospitare le Olimpiadi invernali 2010 nel suo tentativo di imporsi come una
metropoli di importanza a livello mondiale, e una nuova generazione di
professionisti italo-canadesi si trova alla guida del Centro Culturale
Italiano, e la gran maggioranza dei componenti di quel nostro gruppetto di
esperti di allora al Vancouver Show
(spettacolo che oggi non esiste più) hanno da tempo ricevuto dal governo la loro tesserina di Anzianità e
si godono gli anni del riposo, e la bambina timida di un tempo è ora una donna
che si destreggia fra le responsabilità della carriera e della famiglia , e
forse sempre meno gente in Canada e chissà, magari anche in Italia, ricorda
davvero i versi di “Tu scendi dalle stelle”, qualche volta mi chiedo se davvero
riuscimmo a fare una bella figura quella sera, durante quella vigilia di Natale
di tanti, tanti anni fa.
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*Anna Foschi Ciampolini è
nata a Firenze e vive a Vancouver dal 1983. Scrittrice, giornalista,
traduttrice, ha anche prodotto e condotto programmi radio e televisivi ed ha
organizzato numerosissimi avvenimenti culturali e conferenze internazionali.
Ha pubblicato due antologie: Emigrante
(1985) e Writers In Transition:
Yesterday, Today and Tomorrow (1990) ed i suoi racconti e lavori di
critica letteraria sono stati pubblicati in sei antologie in Italia e in
Canada. I suoi articoli sono usciti su giornali e riviste letterarie in Italia,
Stati Uniti, Australia, Costarica e Canada.
January
2010
A
Anna Ciampolini Foschi*
In the early 1980s,
Yet,
our community was still perceived as different and “exotic.” Vancouverites were
intrigued by events such as the Italian Carnival and Christmas traditions, but
still knew very little about them. In fact, one day in December 1984, while
working at the Italian Cultural Centre as the Director of Cultural Affairs, I
received a phone call from the local CKVU TV station. The TV producer wanted
the Centre to send someone, maybe a couple of people, to talk about Italian
Christmas traditions on the Vancouver
Show, hosted by Laurier LaPierre, already a well-known television
personality and journalist, who later went on to become a senator and author.
The
show was going to be broadcast live that very evening and the Italian-Canadian
guest speakers were supposed to be at CKVU by
The
president of the Italian Centre, informed of the emergency situation, concurred
that it was imperative for our community to look good and urged me to put
together a group of our finest leaders. A frantic flurry of phone calls and a
great deal of coaxing and sweet talk secured ten A-list people who agreed to do
their best to showcase our community achievements.
The
team included: a university professor, considered an authority on Dante
Alighieri, who agreed to talk about the Nativity references and mystic meanings
in Dante’s Divine Comedy; a famous
architect who could do a learned disquisition on Christmas-inspired Italian
Renaissance masterpieces; lawyers, artists, poets, and established
entrepreneurs; and the Italian Centre’s president herself. In short, the very
best our community could offer in the professional, academic and
entrepreneurial fields.
However,
I felt the pangs of doubt. Maybe this presentation was going to be a little
heavy-handed for a TV Christmas show. We needed to add a lighter note, and what
would be better than bringing a child to a show about festivities so popular
with children? There was little time left, and I promptly and forcibly
recruited my 10-year-old daughter, a shy little girl who got quite worried
about the kind of brutta figura she
could make if she couldn’t answer LaPierre’s questions properly.
That
evening, the weather was miserable. It was snowing and we were freezing as I
drove my old Chevrolet, faulty heating system and all, to the downtown TV
station. At the CKVU building, the assistant producer escorted our group to the
set. When we marched in, LaPierre, an amiable, well-dressed man in his fifties,
expecting to interview a couple of people at the most, lost his composure for a
moment and exclaimed: “It looks like the entire Italian community is here
tonight!”
He
beckoned us to sit on a multi-row bench. The show started, the cameras rolled,
and with consummate showmanship he introduced the theme of the evening. Our
group tensed in anticipation of a powerful, erudite presentation. The moment
had come. LaPierre came closer, looked at us, all clad in our best clothes,
then approached the child and asked her: “What is your name?” The terrified
girl answered: “Francesca! My name is Francesca.”
“Do
you know any Italian Christmas songs? Tell me what your favourite song is.”
The
child looked around as if she were drowning, then suddenly took a hold of
herself and said with a smile: ”Yes, I do. My favourite is Tu scendi dalle stelle/Thou art coming from the stars.”
“Can you sing it for me?”
She started singing: “Tu scendi dalle stelle o Re del Cielo…” LaPierre gestured to the rest of us: “OK, can
you all sing it for us?”
The
professor, the president, the architect, the lawyers and doctors, the poets,
the entrepreneurs and the sculptors – we all looked at each other with a
puzzled expression. Then, we obediently opened our mouths and our voices rose
up, first tentatively, then passionately, although our choir was a bit out of
sync:
“E vieni
in una stalla al freddo e al gelo…” And on the sweet
notes of the Christmas carol, our little show ended.
Today,
a quarter of a century later,
This article appeared in Accenti Magazine, Issue 17, Winter 2010
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*Anna Ciampolini Foschi moved to Vancouver in 1983. Since
her settling in
January 2010