Dave Margoshes’
Drowning Man
Carolyne Van Der Meer
(segue sotto la versione italiana
del testo)
Closer to magic
realism a Canadian novel could not come. While David Margoshes'
Drowning Man does not echo the work of some of the genre’s
masters—Isabel Allende, Gabriel Garcia Marquez—it is a
stunningly successful book, even if moody, deeply internalized and occasionally
slow paced.
Wilf Sweeny, who once owned and
edited the local newspaper in Timber, a small town in the mountains of British
Columbia, returns as a reporter after working in Europe, the U.S. and Toronto.
He's a 63-year-old alcoholic, swearing off the bottle, trying to make a decent
go of this, one of the last stops in his writing career.
The novel has a
melancholy flavour, with Sweeny journeying through
memory: through his childhood; his marriages and relationships; his stints as a
reasonably successful journalist abroad. He has had his day and has now
returned to the roost, seemingly to make peace with the past, before saying
good-bye.
This journey
through memory is intensified—even forced along—by the writing of an obituary.
A stranger to the town, Nicolas Limousine, has died in a local hotel room, and
Sweeny researches the details to ensure that no larger story need be told. The
name is familiar to him, but he can't quite grasp the lost threads. Limousine,
it turns out, had fake credit cards and, oddly, just prior to his death, made
phone calls to all the cities Sweeny had lived in.
While no foul
play is reported in Limousine's death, Sweeny continues his research, not quite
able to piece together his own broken memories—but knowing it is important that
he does. As he tries, he becomes involved with one of the clerks from the hotel
where Limousine died. July Raymond, young enough to be his daughter, helps
Sweeny locate the dead man's significance in his life: in part through a map
found in Limousine's room. And while their dialogue has a sometimes forced
quality, there is a kind of poignancy between these two characters, one
struggling to recapture youth, the other grappling with the trappings of
adulthood—an almost unbridgeable chasm separating both.
When Sweeny
attends Limousine's funeral as part of his "research," details start
to come into focus. Limousine's "family," an entourage of unrelated
friends, come to Timber to bury their companion.
Through artfully played riddles of conversation, Sweeny gleans enough to
understand who Nicolas Limousine is and why he is important, while the reader
is left in suspense with too few clues to solve the riddle.
The novel
culminates with Sweeny and July following the map found in Limousine's room. In
a tense scene, they encounter the dead man's entourage in an abandoned mining
town deep in the mountains. There is a suggestion of violence, but the real act
of violence is Sweeny's choice to understand and accept a situation that has no
basis in reality, that is, in effect, utterly fantastic. And while the novel's
culmination is impossible, it makes interesting suggestions about imagination
versus reality, and the value of a text and its power once the author has given
it life. It even recalls Roland Barthes' theory of
the death of the author, in which a text has a life independent of the author
and lives on without or oblivious to him.
Margoshes has created an unusual sort of literary mystery about books and creative power. But it’s also about the power of memory and the possibility that things are not as they seem. Despite its inherent melancholia, uneasy dialogue and uneven pace, this novel is an intellectually demanding coup, challenging the reader to go against an accepted mode of thinking, of reading, daring him to believe that in the landscape of one's mind, anything is possible.
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*Carolyne Van Der Meer is a journalist and
editor. Her poetry has been published in Carte
Blanche, Bibliosofia, Helios and Canadian Women Studies/Les cahiers de la femme. Her review of Drowning
Man was
first published in subTerrain,
Number 39, 2004, and is included here with permission.
Drowning Man,by Dave Margoshes,is
published by Newest, 2003; 256 pp.; $22.95
Dave Margoshes,
Drowning Man
Carolyne Van Der Meer
(Traduzione italiana di Elettra Bedon)
Un romanzo canadese non avrebbe potuto avvicinarsi di più
al genere realismo magico. Benché Drowning Man di David Margoshes non ricordi il
lavoro di nessuno dei grandi del genere – Isabel Allende, Gabriel Garcia Marques – è un libro magnificamente riuscito, anche se
triste, profondamente intimista e a volte lento.
Wilf Sweeny, che in passato ha posseduto e pubblicato un
giornale locale a Timber, cittadina sulle montagne
della British Columbia, vi torna come cronista dopo
aver lavorato in Europa, negli Stati Uniti e a Toronto. È un alcoolista di 63 anni che
rinuncia solennemente alla bottiglia, cercando di riuscire in modo decente in
quella che è una delle ultime occasioni della sua carriera.
Il romanzo ha un sapore malinconico, con Sweeny che rivive i suoi ricordi: la sua
infanzia, i suoi matrimoni e amicizie, i suoi limiti come corrispondente estero
di un certo successo. Ha avuto i suoi buoni momenti ed è tornato ora
all’origine, presumibilmente per far pace con il passato
prima di dire addio.
Questo viaggio attraverso i ricordi è
intensificato – persino spinto – dal dover scrivere un necrologio. Uno che viene
da fuori, Nicolas Limousine, è morto in una camera d’ albergo
della cittadina, e Sweeny ne cerca i dettagli per
assicurarsi che non ci sia una storia più ampia da raccontare. Il nome gli è
familiare, ma non riesce ad afferrare in pieno le fila perdute. Limousine,
salta fuori, aveva carte di credito false e, stranamente, il giorno precedente
la sua morte ha fatto delle chiamate telefoniche in tutte le città in cui Sweeny ha abitato.
Benché niente di irregolare
venga riscontrato sulla morte di Limousine, Sweeny
continua la sua ricerca, non del tutto capace di mettere insieme i propri
ricordi spezzati – ma sapendo che è importante che lo faccia. Mentre vi sta
tentando, si interessa a una delle impiegate dell’
albergo in cui Limousine è morto. July Raymond, abbastanza giovane da poter essere sua figlia,
aiuta Sweeny a individuare
il significato del morto nella sua vita, in parte attraverso una mappa trovata
nella camera di Limousine. E mentre il loro dialogo ha a tratti un tono
forzato, c’ è una specie di atmosfera malinconica tra
questi due personaggi, l’ uno che si sforza di riafferrare la gioventù, l’
altra che lotta con le insidie della vita adulta – mentre un baratro quasi
incolmabile li separa.
Quando Sweeny
partecipa al funerale di Limousine come parte della sua ‘ricerca’, dei dettagli
cominciano ad emergere. La ‘famiglia’ di Limousine, un gruppo di amici non imparentati tra loro, arriva a Timber per seppellire il camerata. Attraverso frasi ambigue
utilizzate con arte, Sweeny raccoglie dati
sufficienti per capire chi sia Nicolas Limousine e
perché sia importante, mentre il lettore è lasciato in sospeso con troppo pochi
dati per risolvere l’ enigma.
Il romanzo giunge al culmine quando Sweeny
e July seguono le indicazioni della mappa trovata
nella camera di Limousine. In una scena intensa incontrano gli amici del morto
in una abbandonata cittadina mineraria di montagna. C’
è una allusione alla violenza, ma il vero atto di
violenza è la scelta di Sweeny di comprendere e
accettare una situazione che non ha alcun fondamento di realtà, che è – in
effetti – totalmente fantastica. E benché il punto culminante del romanzo sia
impossibile da accettare, è l’ occasione per fare
interessanti ipotesi sul rapporto tra immaginazione e realtà, sul valore di un
testo e sul suo potere, una volta che l’ autore gli ha dato vita. Richiama
persino la teoria di Roland Barthes
sulla morte dell’ autore, nella quale un testo
possiede una vita indipendente dal suo autore, e continua a vivere senza – o
immemore – di lui.
Margoshes ha creato, sui libri e sul
potere creativo, un insolito tipo letterario del genere fantastico. Ma anche sul potere del ricordo, e sulla possibilità che le cose
non siano come sembrano. Malgrado una insita
malinconia, un dialogo non scorrevole e un procedere ineguale, questo romanzo è
una stoccata intellettualmente esigente, sfidando il lettore ad andare contro
un consensuale modo di pensare, di leggere, sollecitandolo a credere che nel
panorama della propria mente tutto è possibile.
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*Carolyne Van
Der Meer è giornalista ed
“editor”. Sue poesie sono state pubblicate in Carte Blanche, in Bibliosofia (Italia), Helios, e in Canadian Women Studies/Les cahiers
de la femme. La sua recensione di Drowning Man è
stata pubblicata per la prima volta in sub
Terrain, Numero 39, 2004, e appare qui con il
loro permesso.
Drowning Man di Dave Margoshes è pubblicato da Newest, 2003; 256 pp.; $22.95
January 2010