Salvare la
lingua cinese
Nico Bignami*
L’avvento del computer, se non si prendono
provvedimenti a tempo, può costituire una grave minaccia per l’esistenza della
lingua cinese.
I bei caratteri della lingua
potrebbero scomparire nel giro di pochi decenni. La lingua cinese scritta, cominciando dalla
scrittura a mano, rimarrebbe appannaggio di pochi intellettuali che si
ostinerebbero ad usarla, andando contro ogni moda corrente.
Ma fino a quando ?
Una modifica del Pin Yin potrebbe
aiutare ?
È successo al latino, lingua
bellissima ma difficile. Frasi semplici, corte, essenziali ed eleganti come una
prosa poetica. Non ha retto al tempo e ha dovuto cedere il passo alle lingue
più dettagliate, con articoli e
preposizioni articolate, più precise sì, ma meno belle. Alcuni filosofi hanno continuato ad usare,
eroicamente, il latino fino al XV e XVI secolo, poi è rimasta solo la Chiesa di Roma ad usare
tale lingua per la liturgia. Ha dovuto cedere
anch’essa all’esigenza di adottare le lingue moderne per l’espressione del
culto. Restano solo i documenti della Chiesa ad essere tuttora redatti in
latino. Anche nei codici del diritto abbondano ancora le espressioni latine,
che fanno andare in sollucchero gli avvocati di tutto il mondo quando hanno
l’occasione di pronunciarle.
Ora tocca al cinese. La scrittura,
basata su caratteri e non su un
alfabeto, è di per se stessa considerata una vera arte. Gli ideogrammi possono
essere scritti in una forma anche semplice, un po’ primitiva ma essenziale –
come nel caso di chi non ha raggiunto un livello di scolarità elevato – ma restano pur sempre belli. Quando è
arrivato il computer, gli esperti della lingua cinese sono riusciti a vincere
la prima battaglia difensiva, creando con successo dei software che hanno
permesso di scrivere i caratteri cinesi digitando lettere dell’alfabeto romano
(il Pin Yin): sullo schermo appare l’equivalente in ideogrammi. I creatori dei
software hanno gridato vittoria, dichiarando salvo il cinese, perché sarebbe
compatibile con i computer. E ciò è stato vero fino ad ora, ma da alcuni anni,
non molti in verità, un altro pericolo per il cinese si sta profilando: il
computer e l’uso sistematico del Pin Yin hanno accelerato il ricorso
all’inglese nelle comunicazioni, soprattutto scritte. Io non posso dimenticare
lo shock che ho provato quando, lavorando in Cina nel mio ufficio di Beijing,
ho sorpreso la mia assistente, cinese, che scriveva una lettera, in inglese, al
suo boy friend cinese. Con l’inglese si fa prima, mi aveva detto...
Il metodo Pin Yin non riesce a
riprodurre tutte le parole ( ideogrammi ) cinesi, poiché non poche si scrivono
con le stesse lettere ma si pronunciano in modo diverso e hanno diverso
significato. Vi sono addirittura delle parole che si scrivono con lo stesso Pin
Yin, si pronunciano allo stesso modo ma hanno significati diversi. Insomma il
Pin Yin, come è ora, non basta. I vari software in uso hanno rimediato in buona
parte a questa lacuna, mostrando sullo schermo, a seguito di una digitazione,
tutti i caratteri cinesi che hanno la stessa pronuncia. Così, ad esempio
scrivendo sulla tastiera la parola qu,
apparirà sullo schermo, in ideogrammi, la lista di tutti i qu che esistono nella lingua cinese. E sono almeno 36 differenti
ideogrammi, ognuno preceduto da un numero. Chi scrive deve saper riconoscere
quale fra i molti qu è il suo, quindi cliccare sul numero
corrispondente e sullo schermo resta solo quell’ideogramma. Ciò non è tanto
semplice, né rapido. È vero che in buona parte questo problema è stato risolto
dai programmatori cinesi, che hanno creato un software intelligente che sceglie il carattere giusto, automaticamente (ma
non sempre) in base al contesto della frase scritta. Un altro miglioramento
potrebbe essere ottenuto se le tastiere cinesi potessero indicare anche quale
dei quattro toni va usato per le vocali; la lista dei caratteri fra cui
scegliere sarebbe ulteriormente accorciata. Resterebbe comunque sempre il
problema delle parole che si scrivono in Pin Yin con le stesse lettere, con gli
stessi toni, ma che si scrivono con ideogrammi diversi. Per questo problema io
suggerirei di modificare il Pin Yin per queste parole ( sono forse solo alcune
centinaia, al massimo ) in modo che quando si digita una parola, appaia sullo
schermo, subito, l’ideogramma giusto.
Per dare un esempio: ma scritto
col primo tono può essere ma di
mama 妈 o ma di mabu 抹 . Si potrebbe modificare il Pin Yin di mama in mam.
Gli esperti della lingua cinese
potrebbero trovare altre maniere, in aggiunta a quelle da me suggerite. Vi è la tecnologia ( già in fase di studio
avanzato ) che trasforma il suono delle parole in scrittura. Si pronuncerebbe una frase e questa
apparirebbe sullo schermo del computer. In teoria sembrerebbe la soluzione
migliore, ed è oltretutto già usata per i messaggi telefonici, ancorché in
forma ridotta. Bisognerebbe perfezionare il sistema a tal punto da far
riconoscere tutte le parole ( e non un limitato numero come avviene per il
telefono ) che vengono pronunciate nei molteplici dialetti cinesi; non basta il mandarino o il cantonese – vi
sono altre decine di lingue locali. Da aggiungere: anche nelle varie parlate
locali, la pronuncia e il modo di costruire le frasi varia, in modo
considerevole, da persona a persona.
Sarebbe il sistema in grado di identificare centinaia di milioni di pronunce
diverse, per la stessa parola? Non si correrebbe il rischio di creare uno
strumento che si adatterebbe solo a chi pronuncia in modo perfetto o quasi,
secondo le regole della pronuncia standard (
biaozhun ) ? Quante centinaia di milioni di cinesi ( si considerino anche
quelli di oltremare ) sarebbero esclusi dal sistema che cambia il suono in
grafia?
Come è avvenuto per il latino, che è
rimasto la lingua dei dotti per parecchi secoli, cosa ne sarebbe degli altri –
i pigri, gli ignoranti, i giovani che seguono la nuova moda di usare l’inglese,
soprattutto con i telefoni cellulari per scambiare messaggi, buttando a mare la
loro bellissima – ma difficile –
scrittura ?
A mio avviso, non c’è tempo da
perdere e bisognerebbe considerare subito una riforma, anche parziale prima che
sia troppo tardi.
In passato i cinesi hanno compiuto
miracoli quando hanno creato il Pin Yin o quando hanno semplificato centinaia
di caratteri per facilitarne la scrittura. I cinesi hanno costruito la grande
muraglia: possono riuscire ad apportare alcune modifiche alla loro scrittura in
modo da renderla accessibile, facile e pratica anche ai pigri, ai poco istruiti
e a coloro che vogliono fare presto.
Lo scopo della miniriforma che io
suggerisco sarebbe appunto quello di convincere le nuove generazioni ( quelle
che sono nate nell’era dei computer e dei telefoni cellulari che
trasmettono messaggi scritti ) che si può
scrivere velocemente anche in cinese e non è più necessario ricorrere
all’inglese. Si può continuare a scrivere con il Pin Yin, e poiché i caratteri appaiono istantaneamente
sullo schermo, si presentano agli occhi di chi scrive, e ciò aiuta a
memorizzarli. Anche se la scrittura a mano degli ideogrammi sarà usata sempre
meno ( succede lo stesso per le lingue occidentali – la scrittura a mano con le
lettere attaccate è quasi scomparsa ed è sostituita dalle lettere scritte in
stampatello, come nei computer ) almeno i bei caratteri cinesi continuerebbero
ad apparire davanti agli occhi, e tutti, compresi i giovani, i pigri eccetera,
avrebbero la possibilità di restare nel cinese
per molto tempo ancora.
E ciò è quanto mi auguro.
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*Nico Bignami, canadese, dopo aver studiato il cinese al Beijing Yuyan
Xueyuan, ha lavorato in Cina come consulente aeronautico per parecchi anni.
Ha pubblicato libri di narrativa in Canada, in Italia e
negli Stati Uniti. Ha pubblicato anche ( in cinese, sotto lo pseudonimo di Gu
Lang ) short stories e poesie nel Beijing Wenxue e in alcuni giornali cinesi di
Montreal.
Nico Bignami vive a Montreal ed è un appassionato della lingua e cultura cinese.
January 2010