Alberto
Ottaviano
Recensione di
Juliet, una storia non
finita
di Nico Bignami
Edarc Edizioni -140 pagine, 12,00 euro
Una singolare storia
d'amore scritta per contestare alcuni presunti valori delle moderne società
occidentali di massa, per criticare certi modelli di comportamento invalsi: la
competitività, l'apparire ad ogni costo, il mito delle radici e delle
appartenenze, perfino la democrazia. Potrebbe essere riassunto così il nuovo
romanzo breve di Nico Bignami, "Juliet, una storia non finita",
pubblicato dalle fiorentine Edarc Edizioni di Bagno a Ripoli (www.edarc.it). Bignami è un
"bresciano del mondo", che ha avuto esperienze di vita particolari.
Dapprima imprenditore nell'ambito dell'azienda familiare a Rezzato (una nota
ditta di abbigliamento), ha visitato la Cina per la prima volta negli anni
Settanta; attratto da quella civiltà, vi è tornato con numerosi soggiorni, studiandone
la cultura e imparandone la lingua. Nel 1983 si è trasferito in Canada con la
famiglia (a Montreal), ma non ha dimenticato la Cina, dove ha lavorato per
molti anni come consulente aeronautico. Intanto, spinto da una grande passione
per il volo, ha preso il brevetto di pilota.
Bignami ha scritto
articoli, racconti e poesie in italiano, in inglese e in cinese: segno di uno
spirito che non vuole radicarsi, che non intende trovare una patria. Anche
perché ritiene che gli attuali Stati nazionali, fondati su un'unità di cultura,
siano qualcosa di superato, che è servito finora solo a costruire steccati e a
fomentare guerre, come sostiene esplicitamente nel breve testo "Il
disgelo", in appendice al volumetto assieme ad altri due racconti.
Ma torniamo al romanzo.
Si racconta la vicenda di un professionista canadese nel settore aeronautico,
che ha avuto e poi ha interrotto una relazione d'amore con Juliet, la donna che
sta dietro a tutta la storia apparendo fugacemente solo verso la fine. Il
protagonista allaccia poi, quasi casualmente, un'altra relazione; la nuova
compagna vorrebbe sostituire la scomparsa Juliet, che l'uomo non ha in realtà
mai dimenticato, portando a compimento la sua "storia non finita".
C'è chi approfitta di queste vicende private e le dà in pasto al pubblico in un
serial televisivo che prevede l'intervento degli spettatori. Il protagonista
non ci sta e fugge dalla nuova compagna e dal suo mondo fatuo abbandonando
tutto e cercando una seconda vita in una piccola cittadina del Centroamerica, dove
vivere è più semplice e a misura d'uomo. Ma non si può sfuggire del tutto agli
altri: qui comincerà, forse, una nuova storia d'amore.
Traspare dalla vicenda
l'insofferenza per le convenzioni sociali e per i rapporti troppo intensi con
gli altri ("Beati gli orsi che non devono cambiarsi d'abito prima di
andare a cena!"); emergono il rifiuto per una società fondata sulla
competizione, come s'è detto all'inizio, e la condanna per il voyeurismo della
gente; corre nel racconto l'aspra critica per la società di massa
burocratizzata, per le frontiere che dividono; c'è l'affermazione del primato
di una società multiculturale che rispetti le differenze, ma dove gli individui
non vivano in funzione delle proprie radici e della propria identità ("...
io non appartengo, né mi identifico. Ovviamente non ho il concetto di
patria", afferma il protagonista).
Dunque il libro è quasi
un saggio tradotto in forma di racconto. Le idee espresse sono quanto Nico
Bignami ha raccolto e filtrato nella sua vita errabonda. Si potrebbe obiettare
che la sua critica delle identità trascura forse il valore del passato, il peso
della storia, la validità della tradizione.
La scrittura dell'autore
corre veloce e semplice, a volte assume toni naïf senza troppe eleganze
letterarie.
Alberto Ottaviano è un
giornalista che collabora da anni al quotidiano “Il Giornale di Brescia”. È
responsabile per la rubrica “Pagina dei
Libri”. In passato ha pubblicato numerosi articoli e saggi di varia natura su
giornali e riviste. Vive a