La dualità di Caterina Edwards: tra
Italia e Canada
Egidio
Marchese
La teoria del “doppio,” che contempla la coesistenza di
opposti o affini elementi, o personaggi con una doppia personalità, ha un
raggio d’applicazione vastissimo.
L’ultimo convegno interdisciplinare su “Il Doppio” organizzato nel 2004
dall’Associazione culturale italiana “Premio Capri dell’Enigma” (http://www.caprienigma.it/precedenti.html) viene presentato in questi termini:
Il concetto di doppio trova [...] una sua espressione
in [...] molteplici forme interessanti le più diverse discipline: la
letteratura, l’architettura, la pittura, la psicoanalisi, la psicologia, la
semiologia.
Il doppio è poi evocativo di immagini di forte
significato: lo specchio, il pensiero laterale, il doppio gioco, il doppio
ruolo, lo spionaggio, la menzogna, l’omonimia, lo pseudonimo, senza dire dei
doppi in matematica e in geometria, nella poesia e nella musica, nel teatro e
nel cinema, nella mitologia, nella biologia, nell’astrologia: sono “doppi” per
affinità o per contrasto, per somiglianza o per contrapposizione.
La teoria del
“doppio” è studiata particolarmente in Canada, dove la vasta presenza di
immigrati testimonia l’esperienza di un critico sdoppiamento d’identità a
livello individuale e collettivo. Uno
dei primi critici del “doppio” è il poeta e critico Eli Mandel, autore del
saggio “Ethnic Voice in Canadian Writing” del 1977. Il suo pensiero è citato e condiviso da Linda
Hutcheon (Splitting Images, 49):
“Eli Mandel noted that doubleness, even ‘duplicity’,
was what all immigrants live and grapple with daily (Mandel, 265). The literature that comes out of this
experience itself exists at ‘the interface of two cultures’: ‘a form concerned
to define itself, its voice, in the dialectic of self and other and the
duplicities of self creation, transformation, and identities’ (274).”
[“Eli Mandel osserva che il doppio, anche la ‘doppiezza’
è ciò con cui hanno a che fare giornalmente gli immigrati (Mandel, 265). La letteratura che emerge da questa
esperienza esiste essa stessa nel ‘contesto di due culture’: ‘una forma
preoccupata di definire se stessa, la sua voce, nella dialettica tra sé e
l’altro, e le dualità della propria creazione, trasformazione e identità’
(274).”]
Da parte
sua la Hutcheon, che studia il doppio anche nell’arte (Double-talking),
afferma che l’ironia è la migliore arma strategica degli immigrati per
negoziare la propria cultura con quella predominante della maggioranza, perché
“irony is one way of coming to terms with this kind of duplicity, for it is the
trope that incarnates doubleness.” (Splitting Images, 49).
[“l’ironia è un modo di fare i conti con questa specie di ‘doppiezza’, perché è
il tropo che incarna la dualità.”] Pure importante è l’articolo di Joseph Pivato
dal titolo significativo “The Other as Double: Italo-Quebecois Writers.” [“L’Altro come Doppio: Scrittori
Italo-Quebecchesi.”] Citiamo pure Antonio D’Alfonso, che affronta
il problema del “doppio” sia nei suoi saggi In Italics, che nelle sue
poesie The Other Shores.
La teoria
del “doppio” diffusa nella letteratura italo-canadese è preminente anche in
Caterina Edwards. Leggiamo nel
“Dialogue. Caterina Edwards in conversation with Jacqueline Dumas”:
C. E. – …
Rereading your novel [Madeleine and the Angel] I felt emotionally that
Maria Goretti and Pauline fonction as different sides of the same person. […]
J. D. – That’s
exactly right. The way the father is both the angel and the devil.
C. E. – Eli
Mandel wrote an article once on how doubles are a particular concern of ethinic
writers.
J. D. –
Certainly. In The Lion’s Mouth, for example Marco is Bianca’s dark side.
C. E. – An
ineffectual one.
J.D. – Morally
and emotionally weak. He literally has no stomach.
C. E. – Hard not
to read that symbolically. […] (“Dialogue”, 110-111).
[C. E. – ... Rileggendo il tuo romanzo [Madeleine and the
Angel] ho sentito emotivamente che Maria Goretti e Pauline sono configurate
come due aspetti di una stessa persona. [...]
J. D. – Certamente. In The Lion’s Mouth,
per esempio, Marco è il gemello oscuro di Bianca, la parte italiana di lei.
C. E. – Una parte inefficiente.
J. D. – Moralmente ed emotivamente debole.
Letteralmente non ha stomaco.
C. E. – È
difficile non leggere questo simbolicamente. [...]
C. E. – Il romanzo su cui sto lavorando adesso ha lo
stesso modello: un uomo debole e una moglie capace e forte. (Egli non riesce ad
adattarsi a un nuovo paese, mentre lei riesce a forgiarsi una nuova vita). Ma non so da dove viene quel modello. Non credo di vedere tutte le relazioni di
uomini e donne sotto quella luce. Spero
di no.
Esaminiamo in Caterina Edwards la dualità degli
opposti e il confronto fra uomini e donne.
* *
*
Caterina Edwards ha una dualità di nascita, di sangue e
di cultura: di madre italiana e padre inglese.
Emigrata in Canada all’età di otto anni, vive un’esperienza di contrasti
ch’è riflessa nelle sue opere.
Protagonista di The Lion’s Mouth è Caterina-Bianca.
I contrasti in Canada all’inizio sono penosi e intensi. Spogliata di tutto, Bianca si trova sola
dinanzi allo sterminato e desolato spazio della prateria. Oltre al contrasto spaziale della lontananza
e quello temporale tra il passato e il
presente, ci sono i contrasti sociali e culturali alienanti: la lingua, la
scuola, il lavoro, diversi usi e costumi.
Bianca a volte è anche imbarazzata della madre, che stona nell’ambiente
canadese. I contrasti familiari tra figli e genitori sono spesso drammatici fra
gli immigrati, come in Black Madonna di Frank G. Paci o nel saggio di
Joseph Pivato La famiglia smembrata.
In The Lion’s Mouth, tuttavia, i contrasti appaiono meno
traumatici. Infatti, Bianca torna spesso
a Venezia presso i parenti durante le vacanze estive. Poi i suoi genitori sono abbastanza colti,
capaci di apprendere l’inglese presto e negoziare meglio i rapporti
sociali. I conflitti si concentrano di
più nel rapporto di Bianca col cugino Marco che sta a Venezia e di cui lei è
innamorata. Emerge allora anche un
allucinante doppio senso della distanza: “I sense you close behind me, just out
of reach. But at the same time, I am overwhelmed by the distance between us.” (11). [“Ti sento vicino dietro me, a portata di mano. Ma allo stesso tempo, sono
sopraffatta dalla distanza fra di noi.”] Nel rapporto
tra Bianca e Marco, lei nuova canadese e lui italiano, si esprime
simbolicamente il conflitto tra Venezia e Edmonton, tra il vecchio e il nuovo
mondo. Un conflitto di attrazione e di
perdita, una crisi di amore e di identità. Marco viene considerato come il
doppio di Bianca, l’oscuro fratello gemello inefficiente, la sua parte debole
italiana.
Ecco come il conflitto emblematico tra Venezia e
Edmonton viene descritto da Caterina Edwards:
[...] a cycle of longing and
loss […] In
[... un ciclo di desiderio
e di perdita [...] In Edmonton eravamo
protetti da alberi e prati. Qui [a Venezia] tutti erano più vicini, più a voce
alta e più brillanti. [...] Benché io
sembri un tipo stereotipato di veneziana, coi capelli rossi, un viso lungo, le
forti palpebre, il mio modo di vestire e di muovermi (esitante, senza ostruire)
è canadese. A casa e non a casa. [...Venezia]
era stata un simbolo di decadenza, morte, e dissoluzione [...] Visitare Venezia è un tale piacere sensuale
[...] La casa è un sentimento, un
santuario, una gabbia, un paradiso, una trappola, una direzione, una meta, e
una fonte generatrice di più metafore che Venezia [...] Edmonton a Venezia e Venezia ad Edmonton: in
ciascun luogo, un senso di presenza dell’altro.
La nostalgia è sempre doppia, doppia presenza e doppia assenza.] 1
Vediamo come la teoria del “doppio” si applica a The Lion’s Mouth.
Appare subito postulata nel Prologo.
Bianca annuncia che vuole scrivere la “verità” su Marco, mentre nei
precedenti tentativi era finita con lo scrivere “falsità” (12). Ora, nel
rapporto verità-falsità si annidano esattamente varie sfumature del doppio,
secondo R.D. Laing citato da Eli Mandel
(Mandel, 58):
“Between such ‘truth’ and a
lie there is room for the most curious and subtle ambiguities and complexities
in the person’s disclosure/concealment of himself…” (Laing,120-121).
[“Tra tale ‘verità’ e una menzogna c’è posto per le più
curiose e sottili ambiguità e complessità di una persona nello scoprire/celare
se stessa...” ] Nello stesso passo Laing menziona varie forme
di doppi bugiardi: isterici, attori, ipocriti, impostori ecc. La “menzogna,” è definita una delle “immagini
di forte significato” evocative del doppio nella presentazione del convegno su
“Il Doppio” citata sopra.2 La Edwards pare che giochi sull’ambiguità
di verità-falsità, fin dall’inizio quando riporta nel frontespizio la
citazione: “La Falsità non dico mai mai
ma la verità non a ognuno.” (The Lion’s Mouth, 7). [La citazione è di Paolo Sarpi (Venezia 1552-1623) come indicato nella prima edizione NeWest Press, ma è
attribuita erroneamente a Goldoni nell’ed. Guernica.]
Poche pagine dopo appaiono altre parole evocative, come la menzogna, del
doppio: lo specchio o il riflesso. Marco
osserva dalla finestra la piazza, era piovuto e appare riflessa nel suolo la doppia
immagine (“double images”) della cattedrale e anche il riflesso del
campanile (“its reflection”). (16). Nella stessa pagina, la veduta di Venezia appare ad
Adolfo e a Marco in modo opposto. Il primo dice “It fades”, “svanisce,” e l’altro risponde: “it’s never faded for me.”
(16) [“non è mai svanita per me.”] Nella pagina seguente i due hanno entrambi
un’espressione nel viso diversamente duplice: “The facial expression [of
Adolfo] was friendly but there was a tinge of criticism, an undertone of threat
to the words. Marco allowed his face an ironical twist.” (17) [“L’espressione del viso [di Adolfo] era
amichevole, ma c’era un tocco di critica, un sotto-tono di minaccia nelle sue
parole. Marco atteggia il viso a una torsione ironica.”], e
ricordiamo che per la Hutcheon l’ironia “is the trope that incarnates
doubleness.” [“è il tropo che incarna la
dualità.”]
Ancora l’ironia in queste stesse pagine torna a sviluppare la sua
intrinseca forma del doppio, quando - come nota divertita Jacqueline Dumas nel
“Dialogue” con Caterina Edwards – l’architetto Marco si oppone ad un progetto
di costruzione nel Lido, in opposizione a Adolfo e Raponi favorevoli al
progetto, ch’era contro la natura, mentre hanno addosso una colonia “Vidal’s Pino”
che evocava (artificialmente) l’odore dei pini e della natura. (19). È tutto quasi un isterismo di doppi: Marco
contro gli altri due, e ciascuno contro se stesso.3
Fin dall’inizio troviamo ugualmente come doppio l’altro tema della
sensibilità decadente e malata di Marco, che viene assimilato a Venezia che “svanisce” e
muore. L’espressione di Alfonso: “the Lido is dead. A cadaver.” [“il Lido
è morto. Un cadavere.”] è attenuata da
Marco: “Lido may be démodé...” [“Lido può
essere démodé...”] (16).
Nello sviluppo della storia,
l’esperienza dei conflitti di Bianca in Canada è penosa. Tuttavia, la bambina viene descritta con
quella leggerezza poetica che si addice sempre al mondo dell’infanzia. Nell’autobus della scuola è attenta a non
attrarre l’attenzione su di sé, per non svergognarsi, ma ad una curva viene
sballottata e cade in mezzo ai bambini che ridono. Fraintende l’inglese della maestra e porta a
scuola non dei bei nastri, come gli
altri alunni, ma dei banali lacci di scarpe. Nel cortile viene esclusa dal
cerchio delle altre bambine che giocano, perché era una immigrata dislocata
(“displaced person”), non sapeva neanche pronunciare in inglese Th, dicendo
Di. In seguito a Venezia, da
adolescente, Bianca soffre di non pronunciare bene le parole italiane, “the
words in my tongue were English.” [“le parole nella mia lingua erano
inglesi.”] (123). Si sforza davanti uno specchio – lo
“specchio” immagine evocativa della duplicità – per esercitare i muscoli della
faccia, una maggiore apertura della bocca per le parole italiane, una maggiore
chiusura per le parole inglesi più strette.
Lo specchio appare anche in una scena doppiamente duplice, quando Elena fa
il trucco a Bianca: lo specchio duplica l’immagine di Bianca che viene
duplicata dal trucco, prima nella parte destra del viso e poi nella sinistra
(173-74). Anche la “maschera” è un’immagine allusiva del doppio. A un certo
punto Bianca si sente in accordo con la sua amichetta canadese Jody e in
accordo con se stessa: “With Jody, for
the first time, I sensed how the two halves of my life could meet, the mask and
the self fuse.” [“Con Jody, per la
prima volta, sentii come le due metà della mia vita potessero incontrarsi, la
maschera e il mio io fondersi”]
(122). Tuttavia resta in lei la
diffidenza. Quello che fa soffrire di
più Bianca è la mancanza di armonia cogli altri, la maschera della
duplicità. Perciò supplica la madre di
non farle indossare i suoi eleganti abiti italiani. Vuole
vestire come gli altri, coi jeans, le scarpe di plastica lucida, i giubbotti da
sci. La madre si oppone e reagisce con disgusto: “Do you want be like
one of these Canadians?” [“Vuoi essere come una di queste canadesi?”] (113),
cioè senza stile, senza buone maniere e senza senso? Inevitabilmente Bianca passerà attraverso la
fase di essere metà e metà, italiana e canadese, cioè né l’una né l’altra, ma
un doppio imperfetto e in conflitto.
Perciò cerca di camuffarsi: “camoufflage” (117), altra figura evocativa
del doppio.
Se in Caterina Edwards la
descrizione dei bambini è poetica, la descrizione della madre di Bianca è da
commedia. Lei
è orgogliosa di appartenere alla borghesia di Venezia, dove aveva pure amicizie
coi nobili, e disdegna i canadesi. In Canada ha conflitti d’identità; lei
ch’era quella istruita della famiglia ora fa la cameriera (un ruolo che la
umilia) e poi lavorerà in ufficio. Anche
i “doppi ruoli” sono evocativi della duplicità.
Assistiamo al confronto-contrasto con la famiglia canadese di Jody, “a
model of calmness and rationality.” (118).
[“un modello di calma e di razionalità”]. Questo
modello è lo stesso del marito canadese di Marie in Black Madonna di
Frank Paci. I genitori trattano Jody con
rispetto, come un’adulta. Tutti fanno
attività sportive. Mangiano specialità
di cibo canadese già confezionato o in barattoli, che la madre disdegna, ma
piace a Bianca. In quella ricca e
altolocata famiglia tradizionale canadese, il padre si era fatto da sé, dalla
miniera di carbone era diventato un avvocato ricco e famoso. Il Canada è un mito: ossia, come dice Jean
Boudrillard dell’America, è una “utopia achieved” [utopia
realizzata] (Boudrillard, 75); il
padre di Jody afferma: “It’s a good country this. No limits. You can make yourself. Country of the future.”
(The Lion’s Mouth, 119). [È un buon paese questo. Senza
limiti. Ti puoi fare da te. Paese del futuro.] Questo stesso mito del Canada viene
celebrato, abbastanza ironicamente, nel romanzo Taj John (1939) di
Howard O'Hagan, il primo importante scrittore canadese del West. Caterina Edwards ci mostra la mamma italiana
e la mamma canadese sedute nel salotto faccia a faccia, con contrastanti
atteggiamenti. Una commedia di contrasti
sottilmente ironica e divertente.
Ma i contrasti tra il vecchio e il nuovo mondo sono anche drammatici, più
sulla scena italiana, che quella canadese.
Personaggio drammatico è Marco, che vive a Venezia: la Venezia decadente
“with those deserted, rotting palaces” (37)
[con quei palazzi deserti che marciscono], Venezia col Carnevale dalle maschere della duplicità
e della doppiezza. Come non ricordare l’atmosfera di Morte a Venezia di
Thomas Mann? Marco e Venezia si
identificano in un pensiero collaterale. Marco è malato allo stomaco, il
figlioletto Francesco è malato al cuore, c’è il senso di una malattia di geni
ereditaria, una corruzione e una degenerazione.
Una decadenza storica progressiva: “Since
Tarquinio, il fratello di Marco, prima di sposarsi voleva emigrare, poi si
rassegna e resta. “I was disperate to
leave
Il Canada, contrapposto all’Italia, offre la rinascita di una nuova vita
dopo la disintegrazione. Questo processo di morte e rinascita è un tema di
Caterina Edwards che, nel suo “Dialogue” con Jacqueline Dumas, asserisce: “So
we are both concerned with the process of disintegrating and starting again.”
(“Dialogue,” 110 ). [“Dunque
siamo tutt’e due interessate al processo di disintegrazione e ricominciare di
nuovo.”]
Infatti Jacqueline Dumas, parlando del suo personaggio Pauline, dice: “The
only way she can find herself is to reject everything and start anew. It is
almost like a positive disintegration.” (110).
[“Il solo modo per lei di ritrovare se stessa è di rigettare tutto e
ricominciare daccapo. È come una positiva disintegrazione.”] Troviamo questo
in un importante punto di svolta della vita di Bianca, quando si sente
rigenerare dentro di sé insieme al cambiamento della natura tra l’inverno e la
primavera:
The snow was in
retreat, exposing last year vegetation, last year garbage. Still, underneath
the rot, there was a bracing tang, not yet a new beginning but the potential, the ready
fertility of that earth. (The Lion’s Mouth, 66). [La neve si ritraeva, esponendo la
vegetazione dell’anno scorso, I rifiuti dell’anno scorso. Eppure, sotto c’era
un forte rinvigorante odore, non ancora un nuovo inizio, ma uno potenziale, la
pronta fertilità di quella terra.]
Bianca fa all’amore con Jack, il suo nuovo amico che le insegna a
conoscere e amare il Canada: “I feel confortable, at home in the deepest sense:
my house, my city.” (60). [Mi sento ad
agio, a casa nel senso più profondo: la mia casa, la mia città]. Ama anche la
sconfinata distesa della prateria, che all’inizio l’aveva angosciata: “that
sense of the wild has become necessary to me.” (60). [quel senso della natura selvaggia mi è
diventato necessario.] Anche quando si lascia con Jack, (per le sue
origini ucraine a lei estranee), il Canada è la sua nuova patria. Tuttavia ha sempre in bocca le parole di
Goldoni (7):
Da Venezia lontan tresento mia [trecento miglia]
No passa dì che no me vegna in mente
El dolce nome de la patria mia,
El linguazo e i costumi de la zente.
(Carlo
Goldoni)
Nelle opere
di Caterina Edwards in generale i personaggi accettano di rimanere in Canada,
mentre l’Italia per lo più diventa un nostalgico sogno d’amore. Ma spesso è
anche un incubo da cui fuggire, anche se nel ricordo rimane poi un odio-amore.
Quando ne I Promessi Sposi Renzo fugge da Milano, passata l’Adda
si volta indietro e dice: “Sta lì, maledetto paese,” (Manzoni, Cap.
XVII, 327-28) una bestemmia di addio alla patria. Questo stesso sentimento si trova nel
racconto “On the Plate” [Su un Vassoio] dove
Fulvia rigetta ogni memoria della Sicilia (then there, allora lì) e vive
bene una nuova vita intraprendente in Canada.
Il marito vorrebbe tornare in Sicilia, ma lei rimane ostile. “Sta lì,
maledetto paese.” Quello che rende più intensa la sua avversione, è la ragione
nascosta del suo odio. Sappiamo solo che
era di una famiglia molto ricca. Si
intuisce in brevi cenni il suo bisogno di libertà, la fuga dall’oppressione
religiosa, dagli addobbi delle chiese barocche, il culto di Sant’Agata mutilata
e martire, la Sicilia sonnolenta e tragica. In un altro racconto, “Everlasting
Life” [Vita Eterna], appare
ancora la Sicilia sotto il segno della morte. Anche qui Patrizia era fuggita
dall’oppressione sociale, trova libertà e indipendenza in California. Torna brevemente per accudire alla madre
vecchia e malata, con la quale poi scappa via subito nuovamente. Non c’è un ritorno al mondo della madre come
in Black Madonna. “Sta lì, maledetto paese.” Nella commedia Homeground, Maria
e i giovani coinquilini a casa sua in “terra straniera” (titolo originario
dell’opera) soffrono tutti l’angoscia della solitudine. Cesare era tornato per sposare Maria senza
che neanche si conoscessero, disperato e solo.
Anche i giovani sono soli senza una donna; uno di loro viene anche
lasciato dalla ragazza con cui era in corrispondenza in Italia, ancora una
volta tradito dall’Italia. Egli quando
alla fine torna commette il suicidio.
Tra
l’Italia e il Canada c’è un contrasto di comportamento. In Italia l’esuberanza emotiva rende
l’individuo apparentemente più estroso, mentre il modello canadese è quello di
un maggiore controllo di calma e razionalità, “calmness and rationality.” (The Lion’s
Mouth, 118). Ma Caterina Edwards nel “Dialogue” asserisce che in
realtà i canadesi hanno una maggiore libertà di comportamento, sono più
originali e meno prevedibili, più capaci di uscire da predesignati ruoli.
C. E - Sometimes in
J.
D. – In many of your scenes, like the
family meal at Tarquinio’s, everyone is playing a role. You seem to be saying
that people here are allowed more freedoom in their roles.
C. E – I think they do have more freedom here. I think
people in
J.
D. – I see that as a thread all through
your work. The importance of breaking
out of the predictable, away from what is expected of you.
C. E – Yes. I don’t think I have entirely succeded at
breaking out in my life. (“Duologue,” 112-113).
C. E. - Alle volte in Europa ho la sensazione di non
avere abbastanza spazio.
J. D. – In molte tue scene, come la famiglia a tavola
da Tarquinio, ognuno ha un proprio ruolo. Sembra che tu voglia dire che la
gente qui abbia più libertà nei suoi ruoli.
C. E. – Infatti penso che la gente qui abbia più
libertà. Penso che la gente in Italia
esca fuori dai suoi ruoli, ma questo comporta una maggiore lotta perché la
famiglia è così forte, e la tua posizione nella famiglia è così importante.
J. D. – Vedo questo come una trama in tutte le tue opere. L’importanza di uscire da un ruolo, da quello
che è previsto, fuori da quello che ci si aspetta da te.
C. E. – Sì. Io
non credo di essere riuscita del tutto ad uscire dalle convenzioni nella mia
vita.
Si conferma
quello che dicevamo degli italiani che emigrano perché oppressi dalle
ristrettezze: carenza di spazio, di opportunità e di scelte. Anche l’eleganza della moda italiana livella
e conforma come nota Anna, la protagonista del racconto “Home and Away” che va
in Italia con l’intenzione di rimanerci, ma torna poi in Canada. Lei è canadese, scrive anche alla sorella di
tenere i genitori “calm and rational” (90), secondo il modello canadese. (118).
Marco
aspira ad essere un artista, di vivere con intensità la sua individualità. Si era illuso di poter rivelare con l’arte
nuovi aspetti di Venezia (“la luce, la fantasia”) (123): ma scopre di non
riuscire ad essere originale e autentico.
Sembra che la grande arte, storia e cultura dell’Italia renda i
cittadini vittime della loro stessa passata grandezza. “Moderni si nasce. Non
lo si diventa” afferma Baudrillard citato sopra. Anche il sistema delle classi
sociali non lascia spazio a nuove iniziative e opprime Tarquinio. Elena dice: “Oh, Marco, it’s impossible to be
flourishing on a personal level, only on that
level.” (39). [“Oh, Marco, è impossibile
rifiorire ad un livello personale, solo a quel livello.”] Lei è una
comunista rivoluzionaria e critica Tarquinio di essere solo un revisionista
(90). Paola invece è una borghese di
alta classe e Marco oscilla tra le due donne, anche sessualmente, tipicamente
ironico e inetto. Anche la libertà
sognata da Elena e dai suoi compagni brigatisti fallisce, collegata al “caos.” Gli studenti
I conflitti
di contrasto tra uomini e donne sono un altro tema fondamentale. Anche qui c’è molta ambigua dualità. Gli uomini spesso sono più deboli delle donne
e tuttavia sono i loro oppressori; le donne più forti sono invece le
vittime. La Edwards dice: “But I don’t
know where that pattern comes from. I don’t think I see all male and female
relationships in that light. I hope not.” (“Dialogue,” 112). [“Ma non so
da dove venga quel modello. Non credo di vedere tutte le relazioni di uomini e
donne sotto quella luce. Spero di no.”]
Certamente quell’atteggiamento viene dalla storia, dall’antica tradizione di
oppressione della donna. La grande
femminista Christa Wolf, per esempio, scrive: “Mi ha interessato il momento in
cui, con l'avvento della società patriarcale e gerarchica, l'espressione letteraria
femminile sparisce per millenni." (Wolf, retro copertina). Principale
caratteristica di Caterina Edwards è la sua lotta per l’emancipazione delle
donne. Testimonianza di questo sono le
due antologie di
life writing che lei ha curato
insieme a Kay
Stewart, dai titoli: Eating Apples. Knowing
Women’s Lives
[Mangiare le Mele. Conoscere
la Vita delle Donne], (1994) e poi Wrestling with the Angel. Women reclaiming their Lives [Lottare contro l’Angelo. Donne che
reclamano la loro Vita], (2001). Viene
data una voce alle donne che reclamano la loro vita.
“Entrapped Women: Edwards Short Stories” è il titolo di un
saggio di Elizabeth Sarlo-Hayes. Le
donne sono intrappolate, infatti, a due livelli: donne immigrate in un
paese straniero e donne oppresse dagli uomini e dalla società. Nel racconto “Prima Vera,” Maria è perduta in
Canada, sposata ad un uomo immigrato che neanche conosce. Appare subito la
parola “obbedire”: “And Maria would obey him” e si mette in enfasi il suo
sforzo “That is, she would try.”
[“E
Maria avrebbe ubbidito.Cioè, avrebbe tentato.] (“Prima Vera,” 7). Un uomo aveva le dita “proprietorial” [da
padrone] sul
suo braccio. (8).
Il marito “Cesare was so quick to anger, and she didn’t want to be
called stupida, not again.” [Cesare era così pronto all’ira, e
lei non voleva essere chiamata stupida, non ancora]. Grossa, prossima a partorire, il medico la rimprovera in modo
stereotipato: “Less spaghetti.” [meno spaghetti] e durante il parto, mentre lei invocava piangendo la
madre, sola e perduta, sente l’infermiera che esclama con disgusto: “Italians!”
In
“Everlasting Life” Maria, entrando nella stanza della madre vecchia e malata,
coglie d’un tratto nel suo viso un’improvvisa espressione di terrore. Aveva immaginato che tornasse il marito? Ma è nel rapporto tra Marco e la moglie Paola
che si articola maggiormente la debolezza dell’uomo e la sottomissione
risentita della moglie, peraltro più forte di lui. Lei è in terra a ginocchioni
davanti a lui, a pulire con uno straccio il pavimento con del latte versato;
mentre lui la deride ironicamente. Lei
lo colpisce al ginocchio, piange, lui continua, “Bastardo” è la risposta di
lei. (The
Lion’s Mouth, 128). Lo scontro si ripete in varie circostanze, lui ironico
debole patetico e inetto, lei superiore risoluta capace e vittima. La foto del loro matrimonio tradisce il
contrasto: egli appare imbarazzato della cerimonia convenzionale e ironico,
mentre lei borghese in abito nuziale col lungo velo è fedele alla tradizione,
ma senza l’espressione della moglie modesta e devota, anzi con la rabbia
dentro: “her head was lifted in anger” (34).
[la
testa alta con rabbia.]
* *
*
Abbiamo esaminato soprattutto in The Lion’s Mouth
contrasti di vario tipo, che si possono ridurre tutti ad una sola dualità
interiore. Marco è l’altra metà di Bianca, che vive dentro Caterina, che vive
dentro il cuore di tutti gli uomini e le donne immigrati dall’Italia in Canada.
Italia e Canada sono il dualismo dei simboli di Marco-Bianca, Venezia-Edmonton,
il vecchio e il nuovo mondo. Un dualismo
di nostalgia e di speranza, di dissoluzione e di rinascita. Forse la sintesi di
una grande delusione-illusione: “Old masks replaced by new?” (63). [“Vecchie
maschere sostituite da nuove?”] Certo nel romanzo
sorge una nuova vita, oltre l’illusione di una propria esistenza - una storia
d’amore - che si conclude amaramente. Bianca matura. Viene rotto con un bacio
l’incantesimo dell’infanzia: “The spell of childhood was broken. I was awakened.” (270) [“L’incantesimo
dell’infanzia fu rotto. Ero svegliata.] Ecco cosa resta,
alla fine, nelle parole di Bianca a Marco:
You are not longer my Prince
Charming with your theatrical disillusion, your dated, alienated young man
role. […] You are a Venetian. How can you not feel the exhaustion, the decay of
the world ? My kiss – hopeful and Canadian – could never awaken you from your
sleep of negativism. (270).
(Tu non sei più il mio Principe
Affascinante con la tua disillusione teatrale, nel tuo ruolo di un giovane
superato e alienato. […] Tu sei
Veneziano. Come puoi non sentire lo
sfinimento, la dissoluzione del mondo ?
Il mio bacio – pieno di speranza e canadese – non potrà mai svegliarti
dal sonno del tuo negativismo.)
Il
confronto tra l’Italia e il Canada rimane una dualità
interiore. Bianca ha sempre Venezia nel
cuore, ma comincia ad amare il Canada che accetta come sua nuova patria, la
casa dove si riconosce.*
______________________________________________________________________________________________________________________________
* Caterina Edwards, in
una recente lettera riguardo
alla sua relazione con l’Italia e Venezia, precisa:
“As you are aware, my attitude towards
[“Come sai
la mia attitudine verso l’Italia e, in particolare, Venetia, è complessa e
dinamica. Si evolve e cambia, in parte
per il mio andare avanti e indietro.
Perciò è più come una relazione – con i suoi alti e bassi – che una idea fissa. (Trovo che nella narrativa di alcuni scrittori italo’canadesi
e italo’americani, l’Italia è una immutabile bi-dimenzionale
rappresentazione.)”]
E continua riguardo ai suoi personaggi:
“And, of course, the attitude
of some of the characters - say Fulvia in "On a Platter" is
negative. Actually, that story is a chapter in a novel that is awaiting
its final rewrite. Your analysis of what she represents - the immigrant
who makes a new life - is correct. I deliberately contrast her with her
husband. However, you need the entire book to see the thematic pattern.”
[“E, naturalmente, l’attitudine di alcuni personaggi – diciamo Fulvia in “On a Platter” è negativa. In realtà quel racconto è un capitolo di un romanzo nella fase della sua revisione finale. La tua analisi di quello che lei rappresenta – l’immigrata che si costruisce una nuova vita – è corretta. Ho messo lei deliberatamente in contrasto con il marito. Comunque, hai bisogno dell’intero libro per vedere la trama tematica.”]
Attendiamo con entusiasmo il nuovo libro di Caterina Edwards con le sue nuove prospettive. (Si veda anche nota 1.)
NOTE
1. Caterina
Edwards ha un sentimento doppio verso
2.
La menzogna ricorre spesso nel romanzo. Quando Marco fa all’amore con Elena, lei mente “
‘Wonderful.’ She lied. ‘Wonderful. It feels
so good.’ ” (The Lion’s Mouth, 84)
[“ ‘Meraviglioso.’ Lei mente. ‘Meraviglioso.’ Che buona
sensazione.”] Marco cerca anche il
sostegno, “conspiracy,” della madre nelle sue bugie alla moglie dopo il suo
tradimento (97). Ammonisce anche Bianca di guardarsi dalle bugie: “They lie. They lie all the time”, (168). [“Mentono.
Mentono sempre”.]
3.
Anche lo “spionaggio,” come quello di Marco coi brigatisti,
è, secondo Caprienigna, evocatico del doppio. E così pure il “teatro” il
riflesso delle luci e il “palcoscenico,” come quando Marco entra nella piazza
vuota di Campo Bartolomeo: “so he felt as if he had stumbled upon a stage. The audience watching him from behind the shuttered
windows. Both he and they waiting for the action to beging.” (45) [così egli ebbe la sensazione di inciampare
sul palcoscenico. Gli spettatori a guardare dietro le finestre chiuse. Tutti in
attesa dell’inizio della scena.”]
BIBLIOGRAFIA
- The Lion’s Mouth.
Novelle:
-
Whiter
Shade of Pale / Becoming Emma (Two
Novellas)
Racconti:
- “Everlasting Life,” in
- “Home and Away,” in
- “
-
- “Multiculturalism,” in
- “On a. Platter,” in
- “Prima Vera,” in
Teatro:
- Homeground.
- The Great Antonio. Directed by Damiano Pietropaolo. In
“Little Italies. A journey into the drama of Growing up Italian in
Conferenze:
Caterina Edwards ha fatto numerose conferenze in Nord
America e in Europe, fra cui l’ultima:
- Relazione alla Conferenza “Translating Experience as
narrative” della Association of American Writers and Writing Programs
in
Interviste/Dialoghi:
- “Dialogue: Caterina Edwards and Jacqueline Dumas,” in
Pivato, Joseph, ed. Caterina Edwards: Essays on Her
Works. Toronto: Guernica Editions, 2000,
pp. 105-118.
- “Constructing Memories through Imagination: An Interview
with Caterina Edwards" di Sabrina Francesconi, in Il Tolomeo,
NuovaSerie, 2005, v. 9, pp. 16-17,
rivista dell'AISLI, edita dal Dipartimento di Studi Linguistici e
Letterari Europei e Postcoloniali dell'Univ. Ca’ Foscari di Venezia.
- "A Playwrght's
Experience," Writers in Transition. eds. C. D. Minni
& Anna Foschi Ciampolini. Montreal: Guernica Editions, 1990, pp. 107-110.
- "Care Calling
Care," Eating Apples: Knowing Women's Lives.
- “The Confessions of Mark
Trecroci: Style in Frank Paci’s Black Blood and Under the Bridge,”
in Pivato, Joseph, ed. F.G. Paci : Essays on His Works. Toronto:
Guernica Editions, 2003, pp. 19-27.
- “Where They Have to Take You In,” in
Wrestling with the Angel. Women reclaiming their Lives.
Edited with Kay Stewart.
- “Wrestling with the Angel,
the Self and the Publisher in ‘Life Writing’”in Shaping History. L’Identità
Italo-canadese nel Canada anglofono, a cura di Anna P. De Luca e Alessandra
Ferraro, Udine: Forum Editrice Universitaria Udinese, 2005, pp. 23-30.
HUTCHEON, Linda, Splitting
Images. Contemporary Canadian Ironies.
_______ Double-talking : essays on verbal and
visual ironies in Canadian contemporary art and literature.
LAING, R. D., The Self and
Others.
MANDEL, Eli, “Ethnic Voice in
Canadian Writing” in Figures in a Ground: Canadian Essays on Modern
Literature in Honor of Sheila Watson, eds. Diane Bessai and David Jackel.
_______ “Ethnic Voice in
Canadian Writing” in Identities. The impact of Ethnicity on Canadian Society,
Ed. Wsevolod Isajiw.
MANZONI, Alessandro, I Promessi Sposi, Firenze:
La Nuova Italia Ed., 1972.
O'HAGAN, Howard.
PACI, Frank G., Black
Madonna.
PIVATO, Joseph, Ed., Caterina
Edwards, Essays oh Her Works.
_______ “The Other as
Double: Italo-Quebecois Writers” in Echo. Essays on Other Literatures. Toronto:
Guernica Editions, 2003, pp. 186-201.
_______ "La famiglia smembrata nella storia e nella
filmografia italo-canadese." Altreitalie 14 (1996), 28-38.
SARLO-HAYES,
WOLF, Christa. Cassandra (trad. di Anita Raja).
Roma: Tascabili e/o, 1997.
1 maggio 2006
LETTERATURA CANADESE E ALTRE
CULTURE