Scrittori
italo canadesi: Giusy Oddo
Nel corridoio delle memorie
Anna Foschi Ciampolini
Un libro-confessione come “Il lungo corridoio”, il
racconto di una esistenza così ricco di precisi, minuziosi dettagli, di
particolari, di sfumature, conduce il lettore ad immedesimarsi e identificarsi
sull’onda dei ricordi comuni a una generazione, ma non è a questo relativamente
facile effetto che il libro affida il suo messaggio. Il tema dominante,
frammentato e riflesso in mille momenti, immagini ed episodi della vita della
narratrice-protagonista, è, a livello più profondo, quello della perdita
irreparabile, cioè l’archetipo e il simbolo da cui scaturisce il processo
catartico della presa di coscienza e del sentiero della guarigione spirituale.
Per l’autrice, Giusy Cecilia Oddo, il momento che la costrinse a ”lasciare il
rifugio” della sua protetta e privilegiata esistenza nel seno di una famiglia
aristocratica, avvenne nella prima infanzia, e sommò alle tragedie familiari
anche la collettiva, immane tragedia della seconda guerra mondiale. Anche se il
libro parla solo degli anni dell’infanzia fino alla giovinezza e accenna solo
brevemente ed in chiusura alle vicende che poi si sono concluse nella
riconquista di una serena esistenza, ogni pagina reca chiara l’impronta del lungo,
difficile cammino percorso. Il trauma fa varcare la soglia dell’ignoto, conduce
nel regno degli enigmi, ma da lì, dalla “cacciata dall’Eden” inizia la strada
del ritorno e della rinascita.
Le cronache di una vita si sgranano dai ricordi
della prima infanzia fino alla maturità piena, lungo un arco di decadi durante
le quali sono avvenuti i cambiamenti epocali più importanti del XX secolo.
Infatti, dalla rievocazione vivida, incredibilmente precisa di vicende
personali e familiari, emerge il ritratto della società italiana
dall’anteguerra fino ai tumultuosi anni ’60, colta nel momento culminante della
sua trasformazione dalle rigide e quasi feudali gerarchie di classe al crearsi
di una società interclassista con l’ascesa dei nuovi poteri emergenti. La nostalgia è evidente nella rievocazione di
un mondo di cui le memorie di Giusy Oddo esaltano la grazia, la raffinatezza e
la dignità dei modelli di vita, anche se quell’epoca a suo modo incantata non
fu priva di gravi ombre, come la condizione subalterna della donne, che anche
se di nascita aristocratica o avviate ad una carriera brillante si trovavano ad
annullarsi unicamente nelle cure della famiglia, l’esistenza di pesanti
condizionamenti sociali e la presenza di dislivelli sociali ed economici oggi
inaccettabili. L’autrice e la sua famiglia si trovarono negli anni successivi
alla seconda guerra mondiale ad affrontare difficoltà e delusioni che misero
radici profonde nell’animo della scrittrice e in qualche modo influenzarono il
corso della sua vita, ma la portarono anche a conoscere nuovi orizzonti, a
viaggiare, a vivere in ambienti stimolanti e fervidi di idee nuove, conservando
una commovente ingenuità. Se non esistessero testimonianze come questa di Giusy
Oddo, sarebbe oggi quasi impossibile credere al ritratto di una generazione che
emergeva dagli orrori di una catastrofe indicibile eppure aveva la capacità di
gioire delle cose semplici, di guardare il mondo con occhi incantati, ancora largamente incontaminata dall’abuso di
droghe, alcool e degli illusori paradisi del benessere: “L’esperienza e la ricchezza di informazione del mondo moderno danno
l’impressione di sapere già tutto, di aver già tutto visto. Non si riesce più a
‘vedere’, a sorprendersi.” [1]
Giusy Cecilia Oddo, nata a Milano ma di origini
siciliane dal lato paterno, vive a Vancouver da molti anni, dopo aver trascorso
periodi in Sicilia e altri paesi. Laureata all'Università Bocconi, è stata
docente di Letteratura Italiana Moderna presso l’Università della British
Columbia dal 1965 al 1990 ed ha scritto numerosi testi accademici fra cui
l’importante testo critico su Giorgio Bassani, pubblicato dall’editrice Longo
di Ravenna, che nel 2006 ha pubblicato anche “Il lungo corridoio”. Oddo compone
una prosa di squisita raffinatezza, con la capacità di evocare immagini di
quasi tattile vividezza nelle sue descrizioni di ambienti, di interni e di
paesaggi. Le emozioni, pure intense e coinvolgenti, sono sempre espresse con
pudore e ritegno. “Il lungo corridoio” è un’opera intensa, sofferta e a tratti
profondamente malinconica nel ritratto di un mondo per sempre scomparso, per
sempre perduto, ma ha un suo forte messaggio di speranza. Un aspetto unico di
questo volume di memorie è l’incredibile dovizia, la stupefacente precisione
dei minuti ricordi di anni lontani, ricordi che rievocano dalle filastrocche
del Corrierino dei Piccoli alle immagini dei manifesti del Ferro China
Bisleri, ai rituali casalinghi della stesura della cera da pavimenti prima
dell’arrivo delle lucidatrici elettriche. “Il lungo corridoio”, in tono
sommesso, affronta grandi temi, tratteggia un affresco generazionale ed epocale
che va molto al di là delle volutamente semplici “cronache familiari” narrate
dalla protagonista.