Michael Ondaatje:
un'oscura epica
degli immigrati a Toronto
Egidio Marchese
In the Skin
of a Lion / Nella Pelle del Leone (1987, Vintage Canada, 1996; ed. it. Garzanti, Gli
elefanti) di Michael Ondaatje
(1943-), scrittore e poeta canadese originario dello Sri
Lanka, è un romanzo che, oltre a delle storie
d'amore, narra una oscura e formidabile epica del
lavoro degli immigrati a Toronto negli anni dal secondo al quarto decennio del
Novecento. L'oscurità è una costante atmosfera che avvolge l'intero romanzo. Una
seconda costante caratteristica sono le ferite: non
solo quelle dei lavoratori, ma anche di altri personaggi, come l'italo-canadese
Caravaggio con uno squarcio alla gola, per un assalto
subito nell'oscurità della prigione; o Patrick
ustionato nel corpo avvolto dalle fiamme in un assalto notturno.
All'inizio nel Nord Ontario incontriamo gli immigrati
boscaioli finlandesi, che il piccolo Patrick osserva affascinato, mentre vanno al lavoro nel buio prima
dell'alba con le lanterne in mano. C'è un senso di provvisorietà nella loro
vita: non hanno contatti con il paese, nessuno sa da dove vengano, vivono in
stanze oscure di baracche messe su all'inizio dell'inverno e buttate giù in
primavera, quando finisce il lavoro ed essi spariscono. Sono
esposti ad una rigida temperatura, alcuni muoiono di polmonite, altri coi polmoni rosi dallo zolfo degli stabilimenti. "In
Nord America tutto era ricco e pericoloso." (Ed. inglese, p. 44).
Immigrati di varie nazionalità - macedoni, greci,
italiani, bulgari, ecc. - lavoravano a Toronto nei grandi progetti di
costruzione, come il Viadotto proiettato sopra la Don Valley
all'estremità Est della città, da Danforth Avenue a Bloor Street, completato
nel 1918. Poi il maestoso complesso dell'impianto idraulico della città,
realizzato negli anni Trenta, con un tunnel lungo quasi un miglio e
mezzo sotto il lago Ontario. In tempi di scarsità, gli immigrati
trovavano disponibili solo lavori orrendi, come quelli di scuoiare e macellare gli
animali, o conciare e tingere le pelli. Il fetore di questi ultimi lavori era tremendo (come si legge pure in Magic Seeds
di V. S. Naipaul.) Quello degli immigrati era
un duro lavoro. Prima dell'alba venivano raccolti e
ammassati insieme, silenziosi, in un furgone aperto, dove al centro bruciava
nel buio il catrame da spargere sul ponte del Viadotto battezzato Prince Edward. Fra gli operai
emergeva il macedone Nicholas Temelcoff,
che lavorava attaccato a un cavo sospeso giù dal
ponte. Il dolore del lavoro a volte era tale che "dopo dieci minuti
sentiva ogni osso del corpo rotto." (p. 40). Si va
sviluppando l'idea che gli operai fossero sfruttati.
L'oscurità e le ferite, ricorrenti nel romanzo,
si trovano spesso insieme, come negli esempi di Caravaggio
e di Patrick citati sopra, e pure nel seguente
episodio. Una notte d'aprile una monaca, che si trovava smarrita sul
ponte, precipita nel vuoto. La donna investita dal "vento notturno"
fu scaraventata "nell'oscurità" oltre il ponte e "sparì nella
notte." Nicholas si
trovava sotto sospeso al suo cavo e riuscì ad afferrarla, ma nell'urto ebbe
slogato il braccio e lancia un urlo di dolore, che non viene
udito. I due si dirigono lungo Parliament Street al
ristorante di un amico macedone, dove restano soli nella sala buia. Sostenuto
dall'alcool Nicholas si rilassa. La monaca lo guarda
fisso senza parlare con gli occhi lucidi di febbre, entrambi immersi in una intima e seducente oscurità. Egli accenna con una
leggera carezza a una cicatrice sul viso della donna.
Poi parla delle sue ferite, ha circa venti cicatrici nel corpo: all'orecchio,
sotto il mento, una volta ebbe la mascella rotta da un cavo, poi ferite alle
ginocchia, cicatrici di catrame ardente al braccio, chiodi nei polpacci... Poi si addormenta. La donna sfiora il viso di Nicholas con un lieve bacio, all'alba esce e si allontana.
Riapparirà in seguito, e cambierà radicalmente la vita di Patrick
Lewis.
Questa monaca diverrà l'attrice anarchica Alice,
rivoluzionaria e compassionevole. Mostra a Patrick le
ingiustizie della società, lo induce a ribellarsi e a lottare contro gli
oppressori a difesa degli oppressi. (Agisce come Saronjini
nei riguardi del fratello Willie nel romanzo Magic
Seeds di V. S. Naipaul.)
A quel tempo a Toronto si discuteva il caso di un milionario misteriosamente
scomparso, Ambrose Small,
che era "lo sciacallo del mondo degli affari di Toronto."
(p. 57).
Si profila la politica rapace dei capitalisti e dei ricchi: Ambrose
Small "era il capitalismo con le nocche del
pugno nude. ["He was bare-knuckle capitalism."]
Era un avvoltoio che volteggiava sopra tutta la provincia, piombando giù per
uccidere, comprando ogni tipo di ricchezza, ingoiando il profitto a mezz'aria.
Era uno sciacallo." (p. 57). Il caso Small era il sintomo
di un vasto male. "Era un'opportunità per lamentarsi dello stato del
mondo; il tronfio capitalismo di Small aveva chiarito
l'abisso tra il ricco e chi moriva di fame." (p. 59). L'epica
del lavoro degli immigrati a Toronto era un'epica oscura. Il potere capitalista
della classe dirigente, impersonificata nella figura
del Commissario dei Lavori Pubblici Mr. Harris, si
arrogava tutto il vanto e l'orgoglio delle opere costruite dagli immigrati. I
lavoratori anche quando muoiono non contano. Quando alla fine del romanzo c'è
un drammatico scontro tra Patrick e Harris, questi dichiara che non venivano
registrati i lavoratori morti: "There was no record kept." (p. 236).
Patrick Lewis ha ventun anni quando arriva a Toronto, dopo la morte
del padre. È solo nella vasta stazione ferroviaria Union Station, come
"nella pancia di una balena" e si sente perduto. "Era un
immigrante nella città." (p. 53). Trova uno strano lavoro allora
popolare: la ricerca dello "sciacallo" Ambrose
Small, per il cui ritrovamento era
offerta una cospicua somma di danaro. Sulle tracce di Small, Patrick incontra la sua
amante Clara Dickens e i due s'innamorano. Alla fine Patrick incontra il suo rivale Small
che di notte lo assale, lo cosparge di kerosene e gli appicca il fuoco. Sempre
tante ferite nell'oscurità! Patrick torna solo a
Toronto e lavora nel tunnel del progetto idraulico della città sotto il lago. È
un lavoro che abbrutisce più del lavoro al ponte, un lavoro da talpe,
sottoterra nell'umidità e nel fango, e anche nell'urina e nelle feci dei
lavoratori e dei muli con cui lavoravano, a scavare col piccone e la pala,
nell'oscurità rischiarata blandamente dalle lanterne, tra l'oscillare delle
ombre.
Il solo conforto di Patrick
adesso è il calore umano che trova presso gli emigrati e i compagni di lavoro (Hello Finland!... Hey Italy!...Hey Canada!...) Costoro lo invitano a una
festa clandestina di emigrati di ogni nazionalità, nell'edificio idraulico
ancora in costruzione. Lì Patrick assiste a uno spettacolo notturno che lo turba profondamente.
Appaiono sulla scena tante allegre marionette, inclusa
una figura umana, insieme ad altri personaggi quali una donna ricca, un
poliziotto, un amico e una famiglia matriarcale. La
marionetta umana a un certo punto viene accusata,
aggredita verbalmente (in una lingua incomprensibile) e terrorizzata. Ha un
volto tragico pitturato fortemente, con cerchi gialli intorno agli occhi come
dei bersagli. S'inginocchia, affranta, e implora pietà, una scena straziante
che non finisce mai. Patrick sconvolto corre sul
palco in aiuto della donna, e la solleva fra le sue braccia. L'attrice che impersona la marionetta umana era Alice. I due s'innamorano
e vivono insieme in un piccolo appartamento, con la figlia di
lei Hana di nove anni, rimasta prima di
nascere orfana del padre, un agitatore politico braccato e ucciso per aver
cercato di organizzare un sindacato. Anche Alice muore
presto, mentre trasportava una borsa degli anarchici con una bomba che le
esplode accanto. Di lei rimane il ricordo del suo brindisi rivoluzionario, col
bicchiere in alto: "All'impazienza!" (p. 126)
Patrick diventa allora
un rivoluzionario dinamitardo e finisce in prigione dopo la distruzione di una
proprietà. In prigione incontra un simpatico e originale personaggio italo-canadese, Caravaggio, un
ladro professionista di talento, che esercitava di notte la sua
professione per riequilibrare la giustizia sociale. Insieme Patrick
e Caravaggio organizzano un progetto ambizioso,
quello di far saltare in aria con la dinamite tutta
l'opera idraulica di Toronto costruita dai lavoratori. Dopo essere riuscito a
minare tutta la costruzione, penetrando nel cuore di essa
attraverso il tunnel sotto il lago, Patrick di notte
con molte ferite nel corpo affronta il Commissario Harris
nel suo ufficio dentro l'edificio minato, con la cassetta e la leva del
detonatore nelle mani. Ma a quel punto Patrick è esausto, crolla sul divano e si addormenta, prima
di attivare l'esplosione.
Nella Pelle del Leone è un romanzo
affascinante. L'oscurità e le ferite, caratteristiche costanti nel romanzo come
abbiamo notato, servono ad aggiungere una maggiore intensità alla narrazione.
L'oscurità non è mai deprimente, ma crea un'atmosfera intensa di vari toni. Ora
un'atmosfera di magia, agli occhi del piccolo Patrick:
come nella scena dei boscaioli che pattinavano di notte sul fiume ghiacciato
con la fiaccole in mano. Ora dà un maggior rilievo
alle figure, nel contrasto con la luce della luna, di una lampada o dei fuochi,
come quando Harris è di notte sul ponte: "La
notte rimuoveva le limitazioni del dettaglio e concentrava sulla forma." (p. 29). Ora crea un'atmosfera di seduzione nei rapporti
amorosi. Ora un'atmosfera suggestiva di memorie e di
sogno, come quando gli immigrati macedoni entrano nel buio del loro ristorante,
e Alice "si rende conto che l'oscurità rappresenta una notte macedone dove
i clienti siedono fuori ai loro tavoli. [...] quando i
clienti entrano, ad ogni ora, dove entrano è una vecchia corte dei Balcani. Un violino. Ulivi. Una permanente sera." (p. 37).
Ci sono anche degli aspetti comici degli
emigrati descritti nel romanzo. A Toronto si trovavano tanti macedoni, immigrati sulle orme di un loro connazionale
che lavorando in un macello aveva perduto in un incidente l'intero braccio, per
cui aveva ricevuto un compenso per lui notevole, tanto che di ritorno al suo
villaggio aveva potuto comprarsi un podere, e si era sistemato sposando anche
una donna con "due braccia." Gli sembrava di avere imbrogliato i
canadesi in quel modo, e rideva. Inoltre, troviamo
che gli immigrati imparavano l'inglese ascoltando le canzoni
registrate; oppure andavano a teatro (non c'era ancora la televisione, né
il cinema parlato), e lì a voce alta in coro ripetevano le battute degli
attori, che si arrabbiavano. Tutta la recita così finiva in una burla, anche
una frase seria in un contesto importante risultava
ridicola, come: "Who put
the stove in the living
room, Kristin? / Chi ha messo la
stufa nel salotto, Kristin?" (p. 47) - ripetuta
da un coro di settanta persone. Ma gli immigrati imparavano, e infatti una volta quando morì all'improvviso un attore,
l'impresario per non rimborsare il biglietto assunse un macellaio siciliano,
che aveva imparato tutta la parte a memoria.
In conclusione, questo affascinante
romanzo è una compassionevole celebrazione degli immigrati, una oscura epica
del loro lavoro. Il titolo In the Skeen of a Lion è tratto da un passo de "L'epica di
Gilgamesh" citata nel frontespizio: "L'uomo
felice si piegherà con dolore, e quando sarai andata alla terra mi lascerò
crescere i capelli lunghi per te, vagherò per lande selvagge nella pelle di un
leone." ("The joyful
will stoop with sorrow, and when you have gone to the earth I will let my air
grow long for your sake, I will wander through the wilderness in the skin of a
lion.")
Da notare che i personaggi di Caravaggio
e di Hana continueranno la loro vita nel successivo
romanzo di Michael Ondaatje,
The English Patient /
Il Paziente Inglese
LETTERATURA CANADESE E ALTRE CULTURE