REALISMO E
ALIENAZIONE NELLA TRILOGIA DI NINO RICCI *
La
trilogia Lives of the saints / In a glass house / Where she
has gone dello scrittore italo-canadese Nino Ricci (1959-) è la saga di una
famiglia che da un paese del Molise, Valle del Sole, emigra in Canada: una vita
divisa tra due patrie, piena di contrasti, rimpianti e contraddizioni.
Nel primo romanzo che si svolge in Italia, l'America appare come un sogno o mito ambivalente: il duro lavoro e i
sacrifici dell'immigrante da una parte, e dall'altra le possibilità di libertà e di successo. 2 La vita in Canada si sviluppa nel secondo romanzo
e nel terzo dove, oltre all'esperienza di un amore oscuro, tenero e
impossibile, c'è anche
l'esperienza di un ritorno in Italia pieno di nostalgia e di delusioni.
Vite dei santi ha inizio da un atto di
adulterio, quello di Cristina, rimasta sola nel paese col figlioletto di sette
anni Vittorio (voce narrante del romanzo) nella casa del padre, dopo che il
marito era emigrato in America e in Canada. Quest'adulterio è un grande
peccato, uno scandalo e anche una maledizione, perché mentre veniva consumato nella stalla, la donna fu morsa da
un serpente, creatura malefica che crea "lu malocchiu" (Lives 88). Ma l'adulterio è nella stessa
natura animalesca degli uomini e delle donne, secondo i proverbi: “Guard your
women like your chickens […] or they'll make food for the neighbour’s table.” (Lives 144) E ancora: “A woman is like a goat: she'll eat anything she
sees in front of her.” 3 (Lives
144)
Appare
subito il realismo della narrativa, e ci si chiede: fino a che punto il
realismo di Nino Ricci si accosta e si distacca al/dal classico neo-realismo
italiano di oltre cinquant'anni fa? Esso è in parte simile nel primo romanzo;
mentre nei successivi due romanzi si sviluppa un realismo psicologico della
coscienza alienata dell'immigrante non solo, ma dell'uomo in generale nella
cultura moderna. Realismo e alienazione sono le dimensioni e i temi
fondamentali di questa trilogia.
In Vite dei santi si apprezza la verità della narrativa, la descrizione precisa e
tagliente del carattere dei personaggi e della vita del paese, le metafore
concise e le varie forme di espressioni pittoresche di atteggiamenti o gesti –
"my grandfather turning suddenly to
spit into the fire" (Lives 148) – e perfino del silenzio che diventa, si può dire, un
silenzio loquace. 4 Il realismo si definisce
subito nella precisa dimensione temporale e spaziale del racconto:
on a hot July day in the year 1960, in the village of Valle del Sole [...] which was not in a valley at all, but
perched on the north face of Colle di Papa about three thousand feet above the
valley floor. (Lives 1)
Si apre un
realistico mondo primitivo, ove le donne vanno a lavare i panni al fiume, e il
contadino con il mulo carico di fieno agita il pugno chiuso contro una Cinquecento,
che sopraggiunge nella strada fatta per i muli, i carri e i greggi e non le
macchine. Attraverso la porta aperta di una delle case più povere, si intravede
un ampio antro diviso da una cortina, dove vivono insieme la famiglia di qua e
gli animali dall'altra parte. Accostamenti e metafore di animali sono
frequenti: Maria, moglie di Di Lucci, "was a stout woman with the
thick-boned build of an ox." (Lives 10) Il nonno riceveva
"a small pension that couldn’t keep a goat alive." (Lives 181) I ragazzi naturalmente badano al
pascolo. Giuseppina parlava "shifting her weight from peg leg to peg leg,
like a sheep on rocky ground." (Lives 46) Marta seduta "was as still as a stone, only her eyes
moving, darting in their sockets as nervously as a bird’s." (Lives 44) Le donne "let their men run
around like goats". (Lives 160)
Il nonno aveva "thin bones that looked frail as a bird's." (Lives 180) E abbiamo visto sopra le donne galline e capre a proposito
dell'adulterio. 5
La struttura realistica del romanzo rimane tale anche quando
sembra che si aprano degli "spaccati" di sogni e dimensioni
meta-realistiche. Il bambino Vittorio in una giornata estiva di sole ardente
cade in uno stato di indolenza e torpore con il libro di matematica davanti e "the whole world seemed wrapped in a warm,
yellow dream [...] while a happy host of apples and numbers, freed
from the thyranny of the book, danced in my head [quella del bambino narrante]
in wild combination." (Lives 3,). Anche il sogno di libertà in America è
bilanciato dalla dura esperienza reale dell'emigrante. Troviamo questo (oltre a
dell'invidia) nell'atteggiamento delle ragazze del paese, quando un emigrante
ritorna per prendere moglie. Le ragazze fanno di tutto per attirare la sua
attenzione, per realizzare il loro "sogno
di libertà" (Lives 168). Ma quando viene
scelta una, le altre si ritirano a bocca amara, minimizzando la loro delusione,
"tutt' lu mond' è paes" (Lives 168) e poverette quelle che partono
lasciando il conforto della famiglia, verso un destino incerto. Il distacco
dalla realtà è semplicemente un'aberrazione, come la mente sbilanciata di Marta
che "seemed to waver between nonsense and sudden lucidity [...] into her
strange logic" (Lives 134).
Sono parte
della realtà del paese le passioni della gente, la religione 6
e la politica, 7 il lavoro, 8 la superstizione, 9 le maldicenze e le invidie, 10 e anche la rabbia e la violenza, come quelle che trasparivano dagli
sgorbi della scrittura nella busta delle lettere del marito di Cristina, che arrivavano
dal Canada. Anche il padre di costui era stato un violento verso la moglie,
"had caged her like a frightned animal within his anger and violence"
(Lives 21). Ma ci sono anche sentimenti umani o
sentimenti pii, come quelli della maestra strampalata che leggeva il libro Vite
dei Santi al piccolo Vittorio. O sentimenti di familiarità nel modo
d'interpellarsi col nome tronco: Marì, Cristì, Andò
(Antonio): "Dai, Andò, per l'amore di Cristo" (Lives 10). Poi c'è anche l'allegria e il divertimento nel paese,
la festa di San Camillo e la festa della Madonna, la processione e poi la
musica dell'orchestra che per l'occasione aveva portato nel paese anche la luce
elettrica, e tutti erano fuori a divertirsi, a cantare e ballare la tarantella
e "...Ehhhhhhh - vola vola vola!"
(Lives 10).
Al centro del romanzo è la
figura di Cristina, la moglie adultera, la madre
affettuosa del piccolo Vittorio, la donna fiera e forte – “I had seen my mother
pull hot bricks from the fireplace with her bare hands” (Lives 13) – orgogliosa e sfrontata, sarcastica e bella, che cade in
disgrazia dinanzi a tutto il paese e dinanzi al proprio padre. Mentre Cristina
fa il pane a casa si vedono le curve del suo corpo ben modellato, si muove
altera come una regina a testa alta, come una svergognata, e suscita l'invidia
e le critiche delle altre donne, che tuttavia aprono sottomesse un varco al suo
passaggio. È ironica e talvolta
sprezzante, ha uno spirito indipendente e spregiudicato. Esorta il figlio a
studiare, che da grande sarebbe diventato papa; ma quando il bambino le dice
che vuole diventare Gesù Cristo, gli risponde che questo non era più possibile:
"It's too late for that. When the angel came your mother was already in bed with
Anche il padre, uomo rispettato, “lu podestà” o sindaco del paese sempre rieletto per acclamazione, ora cade in disgrazia e si dimette. Ma Cristina è sempre altera e orgogliosa, "do' l'orgoglio sta, la serpe se ne va." (Lives 5). Tutti aspettano il momento da godere della sua resa, un atto di pentimento. Allora ella va in chiesa, indossando un abito attillato che mette in bella mostra la sua pancia. Questo soddisfa la gente, che torna a salutarla e molti a Natale vanno a farle visita a casa. Il padre si rode dentro, si gira e sputa sul fuoco, fa per abbracciare la nipotina che gli sfugge, alza il bicchiere di vino con la mano tremolante. Dice: "They came here […] to laugh at us." (Lives 148).
Arriva il giorno della
partenza. È
una giornata piovigginosa, la casa è vuota, il padre invalido a letto rimane presso la sorella, la gente
del paese si raduna davanti la casa, immobile, silenziosa. È l'ora
dell'addio. Ci si aspetta di tutto, la testa bassa o
alta di Cristina, l'ira del padre infine placata o il suo continuo grave
silenzio. Qualsiasi possibile reazione della gente. Ma
quello che succede è una dolorosissima esplosione di dramma: si sente
innalzarsi il grido della maledizione del padre. La donna si ritira affranta,
esce col figlioletto e di fronte alla gente del paese sempre immobile e
silenziosa, alza la testa e a sua volta lancia la sua maledizione al paese. La
donna difende il suo diritto di scelta, il diritto alla sua libertà .
Fools! […] not one of you knows what it means to be free and to make
a choice, and I pray to God that he wipes this town and all his stupidities off
the face of the earth. (Lives 190).
Il
"sogno di libertà" di Cristina si contrappone all'oppressione delle
"stupid rules and superstitions" (190) del paese. Anche il padre condivide la stessa opposizione
di Cristina, nonostante la maledica per questo. Al piccolo Vittorio il nonno
lascia le sue medaglie conquistate in guerra e dice: "But now you're lucky
to leave this country, because it's a place of Judases and cowards. That's what killed Mussolini. [...] All my
life I've been surrounded by traitors and fools. Even my own daughter has betrayd me." (Lives 182).
Si precisa
qui ancora il contenuto del "dream of freedom" in America, come
libertà, dove Cristina e il piccolo Vittorio scappano via. E si precisa ancora
qui la differenza dal mondo del neo-realismo, dove la libert à non era una
fuga, ma la conquista di una lotta.
In
conclusione, il realismo è dominante nel primo romanzo, simile in parte a
quello del neo-realismo, da cui tuttavia si distacca per la mancanza dello
spirito politico e morale di quello. L'opposizione di Cristina e del padre
all'oppressione del paese è semplicemente una faccenda personale. Nel realismo
di Levi, Vittorini, Silone, Pavese, Calvino, Jovine, Fenoglio, ecc. gli autori
vivono nella realtà sociale del paese, impegnati a denunciarne l'oppressione e
le ingiustizie. In Nino Ricci invece, nonostante la rappresentazione viva e
concreta della realtà di Valle del Sole, quella realtà è pur come trasognata,
vista in lontananza dallo scrittore emigrante, filtrata e ridotta nella memoria
alla maniera di Proust, citato nel frontespizio:
The places we have known belong now only to the little world of space on which we map them for our own convenience. None of them was ever more than a thin slice, held between the contiguous impressions that composed our life at that time; the memory of a particular image is but regret for a particular moment; and houses, roads, avenue are as fuggitive, alas, as the years.
Marcel Proust / Remembrance
of Things Past (Lives V).
L'intimo
sentimento dell'autore è il senso struggente di una realtà lontana che si perde
e sparisce. Perciò all'inizio
abbiamo questa descrizione: "[Valle del Sole] had no culinary specialties,
no holy sites, no ancient ruins; forgotten and unsung, it was one of a hundred
villages just like it flung across the Italian Appennines like scattered stones."
(Lives 1). Un paese "forgotten and
unsung [...] like scattered stones." Lo stesso intimo spirito di
lontananza e di memoria che si affievolisce traspare spesso alla fine dei
capitoli del romanzo, dove cose e personaggi si allontanano e svaniscono. 11
* * *
Il tema
fondamentale dei due ultimi romanzi della Trilogia è quello dell'alienazione,
espressa anche nella frequentissima parola chiave awkwardness, un
generale costante stato di disagio; mentre l'alienazione manca invece nel primo
romanzo, dove il piccolo Vittorio viveva un rapporto di sicurezza accanto alla
madre, nel familiare e realistico paese Valle del Sole.
Il tema
dell'alienazione si delinea fin dall'inizio all'arrivo in Canada. Vittorio
Innocenti, ragazzetto di sette anni, arriva solo, dopo la morte della madre
sulla nave a seguito del parto. Col fagottino dell'infante in una cesta,
Vittorio incontra in una terra straniera il padre che non conosceva, straniero
anche lui ed estraneo a sé stesso. Appare un uomo tetro, rabbuiato, nella cui ombra
avvolge il figlio. C'è tensione fra di loro. Il padre Mario ha un atteggiamento
di disagio awkward verso l'infante, e nel treno alcuni estranei
intervengono a occuparsi della piccina. Vittorio sente l'incomunicabilità col
padre, che sarà la caratteristica del loro rapporto di alienazione.
Ci sono
due fattori drammatici che concorrono all'alienazione che porterà al suicidio
del padre, al tentato suicidio di Vittorio e all'allontanamento di Rita dalla
famiglia. Da una parte c'è la presenza di Rita, frutto di adulterio, una
indelebile vergogna che causa disagio e awkwardness nella famiglia. La fanciullina Gelsomina,
che si occupa della piccina, dice a Vittorio: "It’s a bastard [...] My mother says your father should put her
in an orphanage.” (Glass 10).
E ancora: "Maybe your father's going to sell her to the gypsies." (Glass 37). Gelsomina prende in braccio la
piccina quando piange, come in un poetico gioco di bambini: "Calmati, [...] Calmati!" (Glass 11), e la consola: "È niend', […] è niend', poveretta. È niend'." (Glass 19). Zia Teresa, la giovane
sorella di Mario, arriva dall'Italia e si meraviglia che non fosse stato dato
ancora un nome alla bambina: "You
can’t treat her like an animal." (Glass 39). In
seguito, la tensione nella famiglia esplode in una scena di violenza, quando il
padre spara al cane della bambina che aveva ucciso delle galline. Rita
abbraccia il cane ferito a terra, lo protegge col suo corpo. Il patrigno è
fuori di sé, colpisce ripetutamente entrambi all'impazzata con la cinghia, come
se volesse ucciderli. Poi la bambina viene adottata da una famiglia inglese.
Vittorio va a visitarla di tanto di tanto, si trova in una situazione awkward
di familiarità e di estraneità. Più tardi, entrambi studenti all'università a
Toronto, si riavvicinano, ma un'attrazione amorosa tenera e incestuosa li
sconvolge e li allontana nuovamente.
Il secondo
fattore drammatico di alienazione è il mondo straniero in cui Vittorio viene a
trovarsi. La fattoria
L'alienazione
viene analizzata nell'animo dei personaggi in tantissime situazioni e
sfumature: Vittorio si sentiva stranger, outsider, out
of place, disconnected, unassimilable. Quando va dallo psichiatra
dell'università passa per "narrows,
labyrintine halls." (Where 134) La sua mente “was like an alien substance
no longer matched to the world." (Where
117) Sentiva di vivere “in a sort of limbo without dimension, without future or
past.” (Where 282) Sente panic, akwardness e un grande vuoto, "this emptiness at the centre of me." (Glass 129.) L'alienazione è carica di tensione. Spesso tensione di
contrasti: Vittorio un giorno di fronte al pericolo di un incidente in
macchina, aveva sentito "the terror and the hope" che il padre
morisse. (Glass 156) Invitato
in chiesa, esitava "still resisting and acquiescing." (Glass 136) Nella lotta di lavoro e sopravvivenza della famiglia, "we’d seemed
caught in this tension between initiative and retreat." (Glass 190) Quando va a trovare Rita la
madre adottiva sembrava "to want to repel me even as she led me in."
(Glass 191) Trova la
sorella in una awkward contraddizione di un corpo giovane intrappolato
nel corpo controllato di una straniera. “Mrs. Amherst saw me out, still tense with the
pressure of conceiling and disclosing.” (Glass 195) Il pensiero di Rita vicino gli dà un senso di
“disperate hope” (Where 304),
ecc. Infine l'alienazione è intesa come incomunicabilità, particolarmente nel
rapporto tra Vittorio e il padre. Vittorio (come forse tutti i figli) sentiva
il suo attaccamento al padre, ma anche il desiderio “to have him approve now,
an impossibility, of my need to escape him.” (Glass 253).
Il nuovo
mondo dell'America, come citavamo sopra, distrugge il vecchio mondo, e
l'emigrante non riesce più a vivere né nel nuovo né nel vecchio. Il ritorno di
Vittorio in Italia è pieno di nostalgia e di delusione: "now that I’m here, I’m not sure any more where
I feel more like a stranger." (Where 224)
In treno gli viene chiesto se fosse italiano, ed egli risponde "No. Canadese". Si sente di appartenere
di più al Canada, da cui tuttavia fugge. Quando alla fine si laurea, sceglie di
andare a insegnare in Nigeria, lontano dalla famiglia e dal padre, a cui si
sente sempre estraneo.
La figura
del padre è forse quella più oscura e drammatica del romanzo. È un uomo che lotta
e si sacrifica per la famiglia da cui è tradito. Patisce le umiliazioni e
attraverso molte disgrazie (come pure un incendio nella fattoria) riesce
tuttavia ad ottenere un certo successo, 12 è rispettato dai paesani, 13 assicura il benessere a tutti i
parenti. Nella sua solitudine alla fine, abbandonato anche dal figlio, si
toglierà la vita.
C'è
l'unità della famiglia e il suo smembramento (cfr nota 3). Da una parte
arrivano dall'Italia la sorella e i fratelli con le loro famiglie e lavorano
insieme nella fattoria, come nel proverbio verghiano di padron 'Ntoni prima citato: "Per menare il remo
bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro." D'altra parte c'è
l'allontanamento del figlio Vittorio, di Rita ed infine il suicidio di Mario.
C' è fedeltà e tradimento verso la famiglia da parte dei giovani, Dominic e
Vittorio:
[Dominic] had finally [...] been quietly
drawn back into the family, going to work full time on the farm [...] as if
he'd compressed into a single chosen future the force of all the others he
wouldn't have; and this, too, had come to pass as from some natural rhytm in
the family I'd lost touch with, a silent cryptic molecular working I remained
unassimilable in. (Glass 189)
Nella
Trilogia di Nino Ricci, in fondo, l'alienazione non è solo quella contingente
dell'emigrante, ma sembra quella esistenziale dell'uomo che traspare nel mondo
moderno. A un certo punto c'è la descrizione della fattoria della famiglia
diventata un complesso industriale in cui l'uomo appare sminuito.
We had built another two greenhouses on the
farm [...] Together the group of them formed a space exhilarating in its
vastness, with its long vistas of posts like colonnades, its network of wires
and pipes and machines, its glint of metal and glass; and the farm now has the
modern, efficient feel of a factory, of something that had dwarfed us, make us
irrelevant, grown larger somehow than the sum of our individual histories. (Glass 188).
Quest'alienazione
di industrialismo è una forma della crisi d'identità dell'individuo nella
cultura moderna, come in questa trilogia. Il protagonista Vittorio, col suo
senso di awkwardness, disconnectedness e inerzia (la sua
paralizzante tensione di contrasti) è simile a tanti altri personaggi alienati,
come Michele de Gli indifferenti di Moravia, che soffre anch’egli un
senso di awkwardness o "intollerabile senso di disagio" (136), ed è ugualmente
"angosciato", "indifferente" ed "inetto" per cui
"gli pareva di vedersi: solo, miserabile, indifferente" (134), e "la propria inerzia gli
incuteva spavento." (120).
Oppure come Alfonso suicida di Una vita o Emilio di Senilità di
Svevo, anch'egli angosciato, indifferente e inetto: "L'indifferenza che
provo per tutto mi rattrista" (106),
"si sentì sconsolatamente inerte, e ne provò un'angoscia dolorosa" (148), oppresso da "l'inerzia, il
vuoto, la morte della fantasia e del desiderio." (168). O come tanti altri personaggi pirandelliani, come Mattia
Pascal che aspirava alla libertà da ogni forma di falsa mascherata, ad una
autenticità impossibile. O come Meursault in L'étranger di Camus, sempre
indifferente a tutto, la cui frase più frequente è ça m'était égal:
partire o restare, sposare Maria o non sposarla, se l'amava o non l'amava,
essere amico di Raymond o no, andare a Parigi o restare ad Algeri, tutto era la
stessa cosa (cfr. Marchese). O come gli stessi personaggi dei film dell'alienazione di Antonioni,
distaccati dalla realtà, come quelli che giocavano a tennis con una immaginaria palla, o la protagonista
de Il deserto rosso tentata, come il nostro Vittorio, dal suicidio.
Non è solo
il passare del tempo e la lontananza a far vacillare la memoria del vecchio
mondo. Sembra che la realtà stessa sia inaccessibile e quindi irreale. Quando
Vittorio torna in Italia trova delle discordanze tra le sue memorie e la
realtà, come le affermazioni contrarie di Luciano o la foto di sua madre in cui
non appare che piovesse quel giorno come lui ricordava. Pare dunque che ci
siano delle diverse "possibilità di realtà", come dire: "così è
se vi pare". Nel frontespizio di Vite dei santi abbiamo visto la
citazione di Proust sulla memoria che manterrebbe solo dei frammenti di immagini del
passato. In Nino Ricci la memoria e
l’immaginazione sono ricordo e illusione del passato,
ma anche forza creativa di una nuova realtà.
Was there really a tree?
Did it happen that way? [...] That was one way it could have happen. And the
yes and the no, the precision things took on in the plain world, would not have
mattered so much, only the story, that bit of hope. (Where, "prologo")
Quando
alla fine il protagonista scrive la sua storia in un'isola della Nigeria e
osserva sulla spiaggia nella notte illuminata dalla luna un grande falò dei
pescatori, e poi tante barche che si inoltravano una dopo l'altra nel mare, non
sa più se tutto fosse realtà o finzione, mentre ricorda quegli altri tanti falò
che illuminavano la notte nella valle del suo paese lontano. In questa parte
finale dell'opera che chiamiamo "epilogo" (Where 317-322), lo scrittore riprende il
tema della realtà-sogno-memoria del "prologo". Si ribadisce che
quello che più importa non è tanto la realtà dei fatti, ma la realtà del
sentimento e dell'immaginazione: l'illusione e la speranza (fra le tante vite possibili)
e quello che del passato rimane, le nostre irreali memorie.
L’"epilogo" infine, nella forma di una sincera e struggene lirica, si
riduce a questo: "to hold intact an illusion". (Where 317)
In conclusione, a volere
"inquadrare" Nino Ricci nella storia letteraria, si può collocarlo
tra i realisti, come abbiamo visto, e quegli autori che in vario modo trattano
dell'alienazione: 14 da Moravia de Gli indifferenti, a Svevo di Una vita
e Senilità, a Pirandello con la sua crisi d'identità come in Il fu
Mattia Pascal, a Camus de L'étranger, finanche all'alienazione dei
film di Antonioni. Ma è anche opportuno esaminare la situazione storica degli
immigranti, per una maggiore comprensione della loro alienazione (cfr. Allodi; Migliore,
"Punctuality”). In definitiva poi ha rilevanza sempre il motivo lirico
dello scrittore nei suoi propri termini, come abbiamo cercato di mettere in
luce, in relazione sia al realismo che all'alienazione.
Collaboratore di Bibliosofia
1
Novembre 2005
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1 Il mito dell'America è un importante tema del neorealismo italiano.
L'America viene ri-scoperta da Vittorini, con le sue traduzioni e l'Americana
del 1941, e anche da Pavese
con le sue traduzioni e La luna e i falò del 1950, dove si legge:
"In America [...]
c'è di bello che sono tutti bastardi." (10) Ricordiamo i primi volumi del dopoguerra:
Guido Piovene, De America del 1953; Mario Soldati, America primo
amore del 1956; e poi
Giosue Rimanelli, Tragica America del 1968.
2 Ancora la mitica e ambivalente idea dell'America, secondo la gente di
Valle del Sole: "America had remained a mythical place, as if it there
were two Americas, one which continued merely the mundane life which the
paysants accepted as their lot, their fate, the daily grind of toil without
respite, the other more a state of mind than a place, a paradise that shimmered
just beneath the surface of the seen, one which even those who had been there,
working their long hours, shoring up their meagre earnings, had never entered
into, though it had loomed around them always as a possibility." (Lives
167-168). Altre opinioni sull’America ("Ah-merr-rica").
Secondo Maria: "The houses there were so warm [...]
telephones in every room, per l'amore di Cristo, it's the law there, you
have to have a telephone. And when will we see a telephone in Valle del
Sole?" (Lives 168) Fabrizio dice che in America tutti vivevano in case di
vetro: "in America everyone lived in houses of glass. 'When you're taking a bath anyone can come by and
look at you. You can see all the women in their underwear. People look at each
other all the time, over there, because nobody believes in God.'" (Lives 168-69).
L'iracondo nonno Vittorio dice
3 Sono comuni nella narrativa del realismo i proverbi
popolari, come quelli sulla famiglia unita nei Malavoglia del Verga:
“Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro;” “Gli
uomini sono fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito
grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo.” (16). Questi
proverbi si possono applicare anche a Vite dei Santi di Nino Ricci; ma
in entrambi i casi la famiglia finirà smembrata (si veda Pivato).
4 Ci sono varie espressioni del silenzio: "an eerie silence fell over
the street" (Lives 190);
"my grandfather's lips remained sealed in stony silence" (Lives 86); "the captain bowed his head
briefly in silent grace" (Lives 213); "a last silent kiss on my forehead" (Lives 179); "others retained a stony
silence, stiff and awkward [...] in their mourning" (Lives 244); "we stood staring at the
fire joined by the silent awareness of each other's presence" (Glass 104); ecc.
5 Tanti elementi del Neo-realismo di Primo Levi si trovano in Lives of the Saints di Nino Ricci,
particolarmente le mescolanze con gli animali. In Cristo si è fermato a
Eboli si vedono famiglie abitare in grotte: "Sul pavimento stavano
sdraiati i cani, le pecore, la capre, i maiali. [...] e ci dormono tutti
insieme, uomini, donne, bambini e bestie." (78) Abbondano personaggi animaleschi: "il podestà ride di un suo riso di gola, come una gallina" (23). Il dottor Milillo ha gli occhi
"di un vecchio cane da caccia" (22) e odia i contadini che non pagano, "un odio di bestia
feroce contro il povero gregge contadino." (25) "Al mio arrivo i ragazzi scapparono come passeri"
(42). "Giulia ha "una
animalesca passività" (133)
contrapposta alla "maestosa animalità della Santarcangelese." (214). Troviamo i soliti personaggi
del paese: il podestà, il prete, la maestra o maestro, e anche il segretario
del fascio. C'è una tremenda "natura disperata" e una "umanità
desolata" (76) e
primitiva; lo scrittore si trova lX al confino, appunto per la sua ribellione politica: novità e
originalità, questa, del neo-realismo.
6 Al paese si celebra la
festa di San Camillo e della Madonna. Father Nick soprassiede alle cerimonie,
insegna il catechismo e punisce gli scolari che non sanno rispondere alle
domande sui dogmi quale la Trinità. La figura del prete è comune nella narrativa del realismo, in Primo Levi troviamo Don Giuseppe Traiella,
"un povero vecchio perseguitato e inasprito, una pecora nera e malata in
un gregge di lupi" (43).
7 Il nonno era sindaco (“lu podestà") di Valle del Sole. Egli cita
Mussolini come una vittima. Cristina ricorda che i Fascisti
somministravano ai nemici l'olio di ricino, una purga forzata. C'erano pochi
comunisti, fra cui il vecchio pastore Angelo Dagnello detto "the
Red."
8 Gli abitanti di Valle del Sole sono in maggioranza contadini o pastori,
solo pochi possono permettersi di non lavorare, e verso costoro la gente ha
deferenza: "Alfredo, an uncle of father Nick's, was respected in the town
because he didn't work" (Lives 83).
9 In Lives of Saints, come in altre opere del neo-realismo, c'è la
superstizione, il malocchio e gli scongiuri come quelli praticati dal
piccolo Vittorio, che decapita un gallo e ne sparge il sangue contro il malocchio
della serpe che aveva morso la madre. Il tema della superstizione domina sia in
Fontamara che in Vino e pane di Silone. Pure in Levi
sono frequenti le magie dei filtri, il protagonista è messo in guardia:
"Non accetti nulla da una donna. Né vino, né caffé, nulla da bere o da
mangiare. Certamente ci metterebbero un filtro. Lei piacerà di sicuro alle
donne di qui. Tutte le faranno dei filtri." (23).
10 "Invidia, envy, had been the root of all
the paysants' troubles according to my grandfather" (Lives 49).
Anche nelle buone annate i contadini si lamentano per non scatenare "the
tremendous forces which envy stirred up, forces age-old and sacred, ones that
found their incarnation in the evel eye. [...] its fickleness made it deadly
and all-powerful, like fate itself, a force which knew no master, neither God
nor the devil. (51).
Contro the "evel eye" dell'invidia Giuseppina consiglia a Cristina di
fare dei sortilegi e scongiuri: "you should at least make a cure." (54). Il tema dell’invidia è centrale
anche in Silone. Per uno studio sull’argomento si veda: Migliore, Mal'uocchiu.
11 Spesso alla fine di un capitolo di Lives of Saints cose e persone
tendono a sparire: "the echo of his heels against the marble floor fading
with him down the dim corridor." (25) "Finally I could no longer make
out their forms in the darkness, only the last glowing ember od a soldier's
cigarette." (35) "'Beh,' I heard Maria said as their voices
faded," (48) "and disappeared
up the street, the echo of his footsteps quickly fading into the distant hum of
the market." (66) "Then at
night [...] I'd hear my mother's quiet sobbing mingling with the sight of the
wind like something inhuman, as if the air could no longer carry any human
sound, all of them smothered into the earth by silence." (78) "and disappeared finally in the
darkening twilight." (176)
"and Valle del Sole had disappeared from view." (191)
12 Il contadino Mario in
Canada rimane fedele alla sua origine, e ha anche un certo successo nella sua fattoria
insieme ai familiari, come abbiamo visto (Glass, 188). Per uno studio
della comunità agricola a Leamington (dove Nino Ricci è nato e cresciuto) si
veda Temelini. Inoltre, riguardo
alle donne che in In a Glass House lavoravano nell'impresa familiare
agricola, o nelle fabbriche come Gelsomina, o nel supermercato di immigranti di
successo Longo's Produce, come la Zia Teresa, rinviamo a Iacovetta.
13 Mario ha una sua vita sociale coi
paesani, ed è anche membro direttivo del locale Club di immigranti italiani.
Per le associazioni ricreative e culturali italo-canadesi si veda: Buranello
and Lettieri; Molinaro.
14 Della vasta bibliografia sull'alienazione ci limitiamo
a citare l'antologica con introduzione di Walter Kaufmann.
OPERE CITATE
Allodi, F. "The Italians in
Buranello, Robert and Michael Lettieri. "Italian Regional Organizations." In The Luminous Mosaic: Italian Cultural
Organizations in Ontario, edited by Julius A. Molinaro & Maddalena
Kuitunen.
Iacovetta,
Kaufmann, Walter. Existentialism from Dostoevsky to Sartre.
Levi, Primo. Cristo
si P
fermato a Eboli.
Milano: Mondadori, 1975.
Marchese, Egidio. Lo
straniero di Albert Camus. http://www.bibliosofia.net/files/Camus.htm
Migliore, Sam. Mal'uocchiu:
Ambiguity, Evil Eye, and the Language of Distress.
-----. "Punctuality, Pain and Time-orientation
among Sicilian-Canadians." Social Sciences and Medicine 28:8 (1989), 851-859.
Molinaro, A. Julius. "The Casa
d'Italia in Toronto: Historical Background (1873-1983)." Italian Canadiana, vol. 12 (1996) p. 37-47.
Moravia
Alberto, Gli indifferenti. Milano: Bompiani, 1971.
Pavese, Cesare. La luna e i falò. Milano: Oscar Mondadori, 1973.
Pivato, Joe. "La famiglia smembrata nella storia e nella filmografia
italo-canadese." Altreitalie 14 (1996), 28-38.
Ricci, Nino. Lives of the saints, (1990), Published by Cormorant Books,
-----. In a glass house,
McClelland & Stewart Inc.,
-----. Where she has gone,
McClelland & Stewart Inc.,
Svevo,
Italo. Senilità. Milano: Ed. D'Alloglio, 1971.
Temelini, Walter.
"Study of an Agricultural Community: The Italians of
Verga, Giovanni. I Malavoglia, Milano: Ed. Scolastiche
Mondadori, 1959.
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* Questo articolo sarà pubblicato
prossimamente nella rivista Italian Canadiana Volume 18 del Fank
Iacobucci Centre dell’Università di Toronto.
LETTERATURA CANADESE E ALTRE CULTURE