KENNETH SCAMBRAY
Born in
Promises. The Alchemist*
(segue sotto la versione italiana del testo)
Promises
“Immediate Cause of Death: Blown up while drawing an unexploded
charge in blasting a rock at the reservoir extension and instantly killed.”
Dec. 1898.
Place of Death,
Place of burial:
They were gone in a flash and a rumble.
What was left of you
Was left of promises.
“Are you crazy. Let the fucking dagos check
it.”
You couldn’t send your first-born son.
A premonition welled up,
Like tears in the corners of your blue Norman eyes,
That promises had finally run their course,
From the Red Shirts on that sultry August day
To
Where your bloody parts
Spattered the blackened snow.
“You should shit blood,”
Is all grieving Raphael could utter
In the foreman’s bloodless face.
When they picked you up
Did they gather you
Like fall leaves into a sack?
Or was a convenient bucket your sepulcher?
We have never been sure what lies in
Or just your cracked hands that cradled your
five children, Hands that only knew the handle of a hoe Or
the tangled rope reins of a donkey?
Or is it just your callused feet
That only knew the path to the field
Before you took the promised road to
With a roped valise
And a solemn promise to return,
Your restless first born next to you,
You left your inconsolable wife, Elisabetta
Anna Murgida,
In the predawn darkness
Under Centrache’s arched gate
Festooned with the guardian corni.
That’s where your father Vito stood one August
day,
In your twentieth year, Blinking at the glint
of their rifle muzzles in the sun.
Their sweat soaked red shirts
Blousing in the summer wind.
When they reached the bend in the road
He threw a rock at their horses’ grinding haunches.
He knew enough to spit downwind.
The only promises they fulfilled
Lingered in the fetid dust and flies
That hung above the fresh horse dung
Left in the middle of the road.
At the moment of your transcendence
Did Elisabetta dream
of lightning and thunder,
A blasted tree on the Montagna?
She took signs as truths.
She must have awakened shivering,
Alone in her bed under the image of Mary,
And reached in the darkness
For the rosary next to the candle.
Her premonition was answered
By the clubfooted boy,
With spittle on his chin,
Who stood mute in the doorway,
The telegram, like a fallen leaf,
Cradled in the outstretched palm of his hand.
No one else had the courage.
Vested in black, next
to a wooden bench,
She glowers from the
oval image on the wall.
She never knew the
consolation of roses on a headstone
The promise fulfilled
of your return.
For T. S.
It was the same old humiliation
Your father’s and his father’s father
Borne like those forsaken sacks of onions
You hoisted from the rock-strewn fields
Where only the sirocco
Could stir the Sicilian dust from its lethargy
Until your father set his down one day
And said, “If this is our fate
How can failure be worse?”
Were your ten acres
Your wound and bow?
When traveling to
Pock marked by solemn houses
With their shameless “backhouses”
Reeking in the summer heat
You’d think the town had suddenly descended
Beneath the valley’s flat plain
If it had not been for memory
To guide us home.
On that ancient inland sea bed
You had no fear of flying too close to the sun.
As your gray mule strained against the leather
harness
While plowshares folded the loamy soil
Like a breaking ocean wave.
Where Thompson’s would have been more lucrative
Wrestled from the vine and dumped onto dusty trays
To dry in the torrid sun
That required white gloves to lay their
Delicate hands on a bed of soft paper.
For once in a millennium
There was cash in your crops.
Your ambrosia was not for indifferent
gods.
What was the well-spring of the alchemy
In your polygamous trees?
Did you measure the month
Weigh the sun’s shapeless glare
Or assess the moon’s crescent?
Even my father had to call you.
When you arrived in his garden
You withdrew from your black bag
Like some erudite surgeon
Long handled sheers, a knife with its cruel, curved blade
And a twig whose severed end
Like an amputated arm
Was wrapped in wet burlap.
You lopped
Set the scion in the clef
Tied it with darning thread, and pitched it closed.
What was it that you always said in hushed tones
As you passed your wine-soaked breath over the
sticky incision
An incantation, a curse-strewn warning to the
saints
That made yours take
Where my father’s or mine never would?
Each morning when the tule
fog lifted
Off the back of the day
Regret never mingled with the spring buds
Of the apricot, peach, and almond.
You would have erected a stone phallus at your
gate.
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(Versione italiana del testo)
KENNETH SCAMBRAY
Le promesse. L’alchimista.*
(traduzione di Egidio Marchese)
Le promesse
Luogo della morte, Moon Island, Mass.
Luogo della sepoltura: Malden, Mass.
Sparirono in un lampo e tuono.
Quel ch’era rimasto di te
Erano i resti delle promesse.
“Tu sei pazzo. Lascia che vadano i bastardi italiani a controllare.”
Non puoi mandare il tuo primogenito figlio.
Sgorgava un segno di premonizione,
Come lacrime agli angoli dei tuoi occhi blu normanni,
Quelle promesse infine si esaurirono.
Da Red Shirts in questo afoso giorno d’agosto
Al mattino amaro di Moon Island
Dove le parti di te insanguinate
Schizzarono a macchiare di scuro la neve.
“Roba da cacare sangue,”
È tutto il rammarico che Raphael esprime
Il caposquadra con la faccia esangue.
Quando ti raccolsero
Ti misero insieme
Come foglie cadute dentro un sacco?
O fu un secchio a portata di mano il tuo sepolcro?
Non abbiamo mai saputo di certo cos’è sepolto a Malden.
È la tua testa che una volta sognava le promesse
O solo le tue mani screpolate che accarezzavano i tuoi cinque figli,
mani che conoscevano solo il manico della zappa
o la corda attorcigliata delle briglia di un somaro?
O sono solo i tuoi piedi callosi
Che percorrevano il sentiero dei campi
Prima d’intraprendere la via promessa di Napoli?
Una valigia con la corda
E una solenne promessa di tornare.
Col primogenito inquieto a te vicino,
Lasciasti l’inconsolabile moglie, Elisabetta Anna Murgida,
Nell’oscurità prima dell’alba
Sotto il cancello ad archi di Centrache
Adorno dei corni guardiani.
Fu là che tuo padre Vito stette un giorno d’agosto,
quando tu eri nei tuoi vent’anni,
Ammiccando al luccichio delle bocche del loro fucile al sole.
Le loro camicie rosse inzuppate di sudore
rigonfie al vento estivo.
Quando giunsero alla curva della strada
Lanciò un sasso ai fianchi dei loro cavalli in moto.
Sapeva abbastanza come sputare controvento.
Le sole promesse esaudite
Rimasero nel fetore di polvere e di mosche
Affamate sugli escrementi freschi del cavallo
Lasciati nel mezzo della strada.
Al momento del tuo trapasso
Elisabetta sognò di un lampo e un tuono,
un albero schiantato alla Montagna?
Ebbe segni della verità.
Dev’essersi svegliata tremando,
sola nel letto sotto l’immagine di Maria,
e si sporse a prendere nell’oscurità
il rosario vicino alla candela.
La sua premonizione fu confermata
Dal ragazzo dal piede equino,
con la bava al mento,
Muto in piedi alla soglia,
il telegramma, come foglia caduta,
accartocciato nella palma della mano tesa.
Nessun altro ebbe il coraggio.
Vestita di nero, vicino alla panca di legno,
torvamente guardava l’immagine ovale al muro.
Non ebbe mai la consolazione di rose su una pietra tombale
La promessa mantenuta del tuo ritorno.
L’alchimista
Era la stessa vecchia umiliazione
Che il padre di tuo padre e di suo padre
Sostennero come quei desolati sacchi di cipolle
Che sollevavi dai campi sassosi
Dove lo scirocco soltanto
Poteva rimuovere la polvere siciliana di letargia
Finché tuo padre un giorno pose giù il suo sacco
E disse: “Se il nostro destino è questo
Come può essere peggiore un fallimento?”
Erano i tuoi dieci acri
La tua piaga e schiavitù?
Quando viaggiavi all’aspro limitare di Fresno
Butterato da solenne case
Con dietro i loro vergognosi gabinetti
Che puzzavano al caldo estivo
Si poteva pensava che il paese all’improvviso fosse sprofondato
Sotto il piatto piano della valle
Se non ci fosse stata la memoria
A ricondurci a casa.
In quell’antico fondo marino nel retroterra
Non avevi paura di volare troppo vicino al sole.
Qui la rabbia non teneva di conto la memoria
Mentre il tuo mulo grigio forzava i finimenti di cuoio
Rivoltando nel solco dell’aratro la terra grassa
Come un’onda dell’oceano prorompente.
Dove l’uva Thompson sarebbero stata più lucrativa
Egli si staccò lottando dalla vigna e gettò nella polvere i canestri
Ad asciugare al sole torrido
Hai piantato
Lady Fingers
Che richedeva guanti bianchi per stendere
Le delicate mani su un letto di soffice carta.
Per una volta in un millennio
La tua piantagione produceva guadagno.
La tua ambrosia non era fatta per indifferenti dei.
Cos’era la perenne fonte dell’alchimia
Nei tuoi alberi poligami?
Hai misurato il mese
Pesato il bagliore senza forma del sole
O stabilito la crescita della luna?
Anche mio padre ha dovuto chiamarti.
Quando arrivasti nel suo giardino
Estraesti dalla tua borsa nera
Come un erudito chirurgo
Delle forbici dal lungo manico, un coltello con la sua crudele, curva lama
Ed un rametto la cui estremità recisa
Come un braccio amputato
Era avvolta in una bagnata iuta.
Tu hai potato
Hai inciso sotto la corteccia
Fissato l’innesto nella fenditura
L’hai legato con fili e incamatrato stretto.
Con le spalle a noi rivolte
Cos’era che sempre dicevi sottovoce
Mentre passavi il tuo fiato imbevuto di vino
sull’incisione appiccicosa
Un incantesimo, un’ammonimento ai santi cosparso di maledizione
Cosa ha fatto attecchire i tuoi innesti
Mentre quelli di mio padre e i miei non erano mai riusciti?
Ogni mattino quando la nebbia della palude s’innalzava
Dal dorso del giorno
Mai rimpianti si mescolarono coi germogli primaverili
Degli albicocchi, dei peschi e dei mandorli.
Se ci avessi pensato
Avresti eretto un fallo di pietra al tuo cancello.
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* The poems “Promises” and “The Alchemist” are published in Writing
Beyond History (Cusmano 2006) pp. 91-94 and are
online in Bibliosofia by kind permission of the
author and the editor.
/ Le poesie “Le promesse” e “L’alchimista” sono state pubblicate in Writing Beyond History (Cusmano 2006) pp. 91-94 e sono online in Bibliosofia per gentile concessione dell’autore e dell’editore.
1 marzo
2007
LETTERATURA CANADESE E ALTRE
CULTURE
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